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Giorgio Gaber, nome d’arte di Giorgio Gaberščik (Milano, 25 gennaio 1939 – Montemagno di Camaiore, 1º gennaio 2003), è stato un cantautore, attore, commediografo e regista teatrale italiano, tra i più influenti dello spettacolo e della musica italiana del secondo dopoguerra (dai suo estimatori veniva affettuosamente chiamato “Il Signor G”).

Presento una raccolta delle frasi più belle di Giorgio Gaber. Tra i temi correlati si veda Le frasi più belle di Fabrizio de André, Le frasi più belle di Francesco Guccini e Le frasi più belle di Francesco De Gregori.

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Le frasi più belle di Giorgio Gaber

Però spiegatemi perché vi abbandonate ad un’inerzia così silenziosa e passiva? Perché vi rassegnate a questa vita mediocre senza l’ombra di un desiderio, di uno slancio, di una proposta qualsiasi?

Date fiducia all’amore, il resto è niente.

La libertà non è star sopra un albero,
non è neanche il volo di un moscone,
la libertà non è uno spazio libero,
libertà è partecipazione.

Questo nostro mondo ormai è impazzito e diventa sempre più volgare, popolato da un assurdo mito che è il potere.

Non ho paura di Berlusconi in sé, ho paura del Berlusconi dentro di me.
(Attribuita)

I soli sono individui strani
con il gusto di sentirsi soli
fuori dagli schemi
Non si sa bene cosa sono
forse ribelli forse disertori
nella follia di oggi i soli
sono i nuovi pionieri.

E così, quando saremo tutti scemi allo stesso modo, la democrazia sarà perfetta.

Mi fa male il mondo, mi fa male il mondo…

Mi fa male l’apparato, la sua mentalità, la sua
arroganza, la sua idiozia!
Come sono delicato!
Mi fa male il futuro dell’Italia, dell’Europa, del mondo.

Mi fanno male i fax, i telefonini, i computers, e la realtà virtuale… anche se non so
cos’è.

Mi fa male che qualsiasi deficiente scriva un libro. E poi firma la copertina, e poi entra
in classifica: I’, 2′, 3’… Borges 37′!

Mi fa male accendere la televisione. Mi fa male stare lì davanti, e non riuscire a spegnerla, vedere fino a che punto… non c’è fondo, non c’è fondo! La gente che telefona, gli sponsor, i giochini demenziali, i presentatori che ridono.

Sì, mi fanno male tutti questi geniali opinionisti…
che litigano, si insultano, gridano, sempre più trasgressivi…
questi coraggiosi leccaculi travestiti da ribelli!
Mi fa male che ‘tutto’, sia volgarità.

Mi fanno male i politici, sempre più viscidi, sempre più brutti.
Mi fanno male i loro modi accomodanti, imbecilli, ruffiani.

Mi fanno male le loro facce presuntuose e spudorate. Facce libere e indipendenti ma estremamente rispettose dei loro padroni, padroncini.

Mi fa male il mondo…
Mi fa bene soltanto l’idea
che si trovi una nuova utopia
litigando col mondo.

Perché un uomo solo che grida il suo no, è un pazzo.
Milioni di uomini che gridano lo stesso no, avrebbero la possibilità di cambiare veramente il mondo.

Io non lo so se sia il destino oppure il caso
ma in questi tempi così ostili e incerti
mi prende l’innocente e un po’ ambizioso
proposito di amarti.

Quando sarò capace di amare
mi piacerebbe un amore
che non avesse
alcun appuntamento col dovere
Un amore senza sensi di colpa
senza alcun rimorso
egoista e naturale
come un fiume che fa il suo corso.

Perché senza due corpi e due pensieri differenti…
finisce il mondo.

Ci sono due tipi di artisti: quelli che vogliono passare alla storia e quelli che si accontentano di passare alla cassa.

L’appartenenza
non è lo sforzo di un civile stare insieme,
non è il conforto di un normale voler bene,
l’appartenenza
è avere gli altri dentro di sé.

Sarei certo di cambiare la mia vita se potessi cominciare a dire noi.

Sono diverso perché non sopporto il buon senso comune ma neanche la retorica del pazzo.

La mia generazione ha visto
le strade, le piazze gremite
di gente appassionata,
sicura di ridare un senso alla propria vita.
Ma ormai son tutte cose del secolo scorso:
la mia generazione ha perso.

Non si è mai abbastanza coraggiosi da essere vigliacchi definitivamente.

Le più belle trombate della mia vita le ho fatte da solo.

Io se fossi Dio,
non sarei così coglione
a credere solo ai palpiti del cuore
o solo agli alambicchi della ragione.

Io se fossi Dio non sarei mica stato
a risparmiare avrei fatto un uomo migliore
si vabbè lo ammetto non mi è venuto tanto bene
ed è per questo per predicare il giusto
che io ogni tanto mando giù qualcuno
ma poi alla gente piace interpretare
e fa ancora più casino.

Io se fossi Dio,
non avrei fatto gli errori di mio figlio,
e sull’amore e sulla carità
mi sarei spiegato un po’ meglio.

Io se fossi Dio
non avrei proprio più pazienza inventerei di nuovo una morale
e farei suonare le trombe per il giudizio universale .

Io se fossi Dio la terra la vedrei piuttosto da lontano
e forse non ce la farei ad accalorarmi in questo scontro quotidiano
io se fossi Dio non mi interesserei di odio o di vendetta
e neanche di perdono
perché la lontananza è l’unica vendetta
è l’unico perdono

La solitudine non è malinconia,
un uomo solo è sempre in buona compagnia!

Bisogna decidere: o essere delle mucche o ridare un senso alle parole.

Le parole, definiscono il mondo, se non ci fossero le parole, non avemmo la possibilità di parlare, di niente. Ma il mondo gira, e le parole stanno ferme, le parole si logorano invecchiano, perdono di senso, e tutti noi continuiamo ad usarle, senza accorgerci di parlare, di niente.

Una bella minestrina è di destra
il minestrone è sempre di sinistra
tutti i films che fanno oggi son di destra
se annoiano son di sinistra.

I blue-jeans che sono un segno di sinistra
con la giacca vanno verso destra
il concerto nello stadio è di sinistra
i prezzi sono un po’ di destra

I collant son quasi sempre di sinistra
il reggicalze è più che mai di destra
la pisciata in compagnia è di sinistra
il cesso è sempre in fondo a destra.

Io non mi sento italiano… ma per fortuna o purtroppo lo sono.

Questo bel Paese forse è poco saggio ha le idee confuse ma se fossi nato in altri luoghi poteva andarmi peggio.

Chi non ha mai commesso l’errore di togliersi i pantaloni prima delle scarpe… costui non sa niente dell’amore.

E c’è un gusto morboso del mestiere d’informare,
uno sfoggio di pensieri senza mai l’ombra di un dolore
e le miserie umane raccontate come film gialli
sono tragedie oscene che soddisfano la fame
di questi avidi sciacalli.

Ma la televisione che ti culla dolcemente
presa a piccole dosi direi che è come un tranquillante
la si dovrebbe trattare in tutte le famiglie
con lo stesso rispetto che è giusto avere
per una lavastoviglie.

Solo che filosofare oggi, così ridotti come siamo, è come in una gelida giornata d’inverno farsi addosso una pisciatina per sentire un po’ di teporino.

Ce l’hanno su con me
mi danno del pezzente,
mi danno del barbone
e già, per quella gente
è meglio un delinquente
ma con la posizione.

Io, con una donna, mi sento,
mi riconosco, mi ritrovo, m’invento,
mi realizzo, mi rinnovo, mi miglioro,
perché io, con una donna, m’innamoro.

Ma io ti voglio dire
che non è mai finita,
che tutto quel che accade
fa parte della vita.

Il falso è misterioso
e assai più oscuro
se è mescolato
insieme a un po’ di vero.

C’è un’aria, un’aria, ma un’aria
che manca l’aria.

Qualcuno era comunista perché Berlinguer era una brava persona; qualcuno era comunista perché Andreotti non era una brava persona.

Qualcuno era comunista perché era così ateo che aveva bisogno di un altro Dio

Qualcuno era comunista perché era talmente affascinato dagli operai che voleva essere uno di loro. Qualcuno era comunista perché non ne poteva più di fare l’operaio.

Qualcuno era comunista perché la rivoluzione, oggi no, domani forse, ma dopodomani sicuramente.

Qualcuno era comunista perché c’era il grande partito comunista. Qualcuno era comunista malgrado ci fosse il grande partito comunista

Qualcuno era comunista perché abbiamo avuto il peggiore Partito Socialista d’Europa.

Qualcuno era comunista perché credeva di poter essere vivo e felice solo se lo erano anche gli altri.

Se potessi cantare davvero
canterei veramente per tutti,
canterei le gioie ed i lutti
e il mio canto sarebbe sincero.
Ma se canto così io non piaccio,
devo fare per forza il pagliaccio

Sul muro c’era scritto
«Alzateci il salario».
L’ha cancellato un grande cartellone
con scritto «Costa meno il mio sapone»

E invece non so niente, sono a pezzi, non so più chi sono,
capisco solo che continuamente io mi condiziono,
devi essere come un uomo, come un santo, come un dio,
per me ci sono sempre i come e non ci sono io.

Eppure il granoturco
che ha scelto di esser giallo
non si domanda niente
non ricorda.
Chissà se poi continua
a presentarsi giallo
per essere fedele
a chi lo guarda.

Secondo me, la donna è donna da subito.
Un uomo è uomo a volte prima, a volte dopo. A volte mai.

C’è solo la strada su cui puoi contare
la strada è l’unica salvezza
c’è solo la voglia, il bisogno di uscire
di esporsi nella strada, nella piazza.

Rispetto al denaro, io penso che se si riesce a guadagnare una lira di più di quello che è necessario per vivere discretamente si è ricchi.

Tra l’avere la sensazione che il mondo sia una cosa poco seria e il muovercisi dentro perfettamente a proprio agio, esiste la stessa differenza che c’è tra l’avere il senso del comico e l’essere ridicoli.

Mi piace giocare seriamente, e fare cose serie giocando.

Una sera ci capitò un tipo stranissimo, anche simpatico. Imitava i cantanti americani di rock’n’roll. Era più conosciuto come imitatore di Jerry Lewis, però, che come cantante; tuttavia nei festival delle balere di periferia e nelle piazze di paese intorno a Milano aveva successo. Un “tipo”, insomma. Mi chiese di andare a suonare con Lui e accettai. Il tipo, l’avrete capito, era Adriano Celentano.

Non si deve piangere sulle cose perdute, semmai su quelle non trovate.

Forse io ho ancora addosso la maledizione che sia meglio pensare che vivere.

Spesso la gente ti vuol bene perché si ritrova in te, nelle tue debolezze, nelle cose che dici, e io sono sicuro che il pubblico si è ritrovato nella “mia” Milano e nella mia timidezza. Timido comunque lo sono rimasto: lo sono talmente che mi secca perfino fare questa dichiarazione.

Intellettuale io? Che brutta parola, logora e stantia.
Non mi considero né intellettuale né poeta: sono uno che cerca di vedere dentro se stesso, che è la via più sicura per capire gli altri.