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Presento una raccolta delle frasi più celebri di Karl Marx. Tra i temi correlati si veda Frasi, citazioni e aforismi sul comunismo, Frasi e aforismi finanziari e Le frasi più belle di Sigmund Freud.
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Le frasi più celebri di Karl Marx
I proletari non hanno nulla a perdere, all’infuori delle loro catene: essi hanno un mondo da guadagnare. Proletari di tutto il mondo unitevi!
Lavoratori di tutto il mondo unitevi.
I filosofi hanno solo interpretato il mondo in diversi modi;
il punto è di cambiarlo.
(Epitaffio sul monumento a Karl Marx eretto dal Partito Comunista Britannico a Londra)
La religione è il singhiozzo di una creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore, lo spirito di una condizione priva di spirito. È l’oppio dei popoli.
La critica della religione è il fondamento di ogni critica.
L’unica parte della cosiddetta ricchezza nazionale che entra realmente in possesso della collettività dei paesi moderni è il debito pubblico.
La storia di ogni società sinora esistita è storia di lotte di classi. Liberi e schiavi, patrizi e plebei, baroni e servi della gleba, membri delle corporazioni e garzoni, in una parola oppressi ed oppressori sono sempre stati in contrasto fra di loro, hanno sostenuto una lotta ininterrotta, a volte nascosta, a volte palese: una lotta che finì sempre o con una trasformazione rivoluzionaria di tutta la società o con la rovina comune delle classi in lotta.
Non è libero un popolo che ne opprime un altro.
Uno spettro si aggira per l’Europa – lo spettro del comunismo. Tutte le potenze della vecchia Europa si sono alleate in una santa caccia spietata contro questo spettro.
Tutta la società si va dividendo sempre più in due grandi campi nemici, in due grandi classi direttamente contrapposte tra loro: borghesia e proletariato.
Il proletariato è la classe degli operai moderni, che vivono solo fintantoché trovano lavoro, e che trovano lavoro solo fintantoché il loro lavoro aumenta il capitale. Questi operai, che sono costretti a vendersi al minuto, sono una merce come ogni altro articolo commerciale, e sono quindi esposti, come le altre merci, a tutte le alterne vicende della concorrenza, a tutte le oscillazioni del mercato.
Quanto più la classe dominante è capace di assorbire gli elementi migliori della classe oppressa, tanto più solido e pericoloso è il suo dominio.
Quanto meno mangi, bevi, compri libri, vai a teatro, al ballo e all’osteria, quanto meno pensi, ami, fai teorie, canti, dipingi, verseggi, ecc., tanto più risparmi, tanto più grande diventa il tuo tesoro, il tuo capitale. Quanto meno tu sei, quanto meno realizzi la tua vita, tanto più hai; quanto più grande è la tua vita alienata, tanto più accumuli del tuo essere estraniato.
L’abolizione della religione come felicità illusoria del popolo è necessaria per la sua felicità reale.
La critica della religione distrugge le illusioni dell’uomo perché l’uomo pensi, agisca, trasformi la sua realtà come un uomo senza illusioni giunto all’età della ragione.
Condizione essenziale per l’esistenza e il dominio della classe borghese è l’accumulazione della ricchezza nelle mani dei privati e la formazione e l’aumento del capitale; condizione del capitale è il lavoro salariato.
C’è solo un modo per uccidere il capitalismo – con tasse, tasse, e ancora più tasse.
La burocrazia è lo Stato immaginario accanto allo Stato reale, è lo spiritualismo dello Stato.
Il potere politico moderno è solo un comitato che amministra gli affari comuni dell’intera classe borghese.
Da ciascuno secondo la sua capacità, a ciascuno secondo il suo bisogno.
Quando lo sfruttamento dell’operaio da parte del padrone di fabbrica è terminato in quanto all’operaio viene pagato il suo salario in contanti, si gettano su di lui le altre parti della borghesia, il padron di casa, il bottegaio, il prestatore su pegno e così via.
Gli operai non sono soltanto servi della classe dei borghesi, ma vengono asserviti giorno per giorno, ora per ora dalla macchina, dal sorvegliante, e soprattutto dal singolo borghese fabbricante in persona. Questo dispotismo è tanto più meschino, odioso ed esasperante, quanto più apertamente esso proclama come fine ultimo il guadagno.
Il comunismo non toglie a nessuno la facoltà di appropriarsi dei prodotti della società, toglie soltanto la facoltà di valersi di tale appropriazione al fine di asservire lavoro altrui. (…) Ciò che distingue il comunismo non è l’abolizione della proprietà in generale, bensì l’abolizione della proprietà borghese. E’ stato obiettato che, con la soppressione della proprietà privata, cesserà ogni attività e si diffonderà una pigrizia generale. Se così fosse, la società borghese sarebbe da parecchio tempo andata in rovina a causa dell’indolenza, dal momento che in essa chi lavora non guadagna e chi guadagna non lavora.
La teoria dei Comunisti può essere riassunta in una singola frase: Abolizione della proprietà privata.
Vi spaventate del fatto che noi intendiamo abolire la proprietà privata. Ma nella vostra attuale società la proprietà privata non esiste per nove decimi dei suoi membri; essa esiste proprio in quanto per quei nove decimi non esiste.
Al posto della vecchia società borghese con le sue classi e i suoi antagonismi sorgerà un’associazione nella quale il libero sviluppo di ciascuno sarà la condizione per il libero sviluppo di tutti.
Nell’alienazione dell’oggetto del lavoro si riassume solo l’alienazione, l’espropriazione, dell’attività stessa del lavoro. In cosa consiste ora l’espropriazione del lavoro? In primo luogo in questo: che il lavoro resta esterno all’operaio, cioè non appartiene al suo essere, e che l’operaio quindi non si afferma nel suo lavoro, bensì si nega, non si sente appagato, ma infelice, non svolge alcuna libera energia fisica e spirituale, ma mortifica il suo corpo e rovina il suo spirito
Più oggetti l’operaio produce, meno può possederne e tanto più cade sotto il dominio del suo prodotto, del capitale.
Il fine immediato dei comunisti è identico a quello di tutti gli altri partiti proletari: costituzione del proletariato in classe, abbattimento del dominio della borghesia, conquista del potere politico da parte del proletariato.
Le nazioni povere sono quelle dove il popolo è agiato; e le nazioni ricche sono quelle dove egli è ordinariamente povero.
Fino a quando il proletariato non si è sviluppato al punto di organizzarsi come classe, fino a che quindi la lotta del proletariato contro la borghesia non ha ancora assunto un carattere politico, questi teorici restano unicamente degli utopisti, che inventano sistemi per soddisfare i bisogni delle classi oppresse.
L’operaio è diventato una merce ed è una fortuna per lui trovare un acquirente. E la domanda, da cui dipende la vita dell’operaio, dipende dal capriccio dei ricchi e dei capitalisti.
Il comunismo abolisce le verità eterne, abolisce la religione, la morale, invece di trasformarle.
Non è Dio ad aver inventato l’uomo, ma l’uomo ad aver inventato un Dio.
La maggior parte dei sudditi crede di essere tale perché il re è il Re, non si rende conto che in realtà è il re che è Re perché essi sono sudditi.
Le classi dominanti tremino al pensiero d’una rivoluzione comunista. I proletari non hanno da perdervi che le loro catene. Hanno un mondo da guadagnare.
Di tutte le classi che oggi stanno di fronte alla borghesia, solo il proletariato è una classe veramente rivoluzionaria. I ceti medi, il piccolo industriale, il piccolo negoziante, l’artigiano, il contadino non sono dunque rivoluzionari, ma conservatori. Ancora più, essi sono reazionari, essi tentano di far girare all’indietro la ruota della storia.
Quelli che fino a questo momento erano i piccoli ordini medi, cioè i piccoli industriali, i piccoli commercianti e coloro che vivevano di piccole rendite, gli artigiani e i contadini, tutte queste classi precipitano nel proletariato, in parte per il fatto che il loro piccolo capitale non è sufficiente per l’esercizio della grande industria e soccombe nella concorrenza con i capitalisti più forti, in parte per il fatto che la loro abilità viene svalutata da nuovi sistemi di produzione. Così il proletariato si recluta in tutte le classi della popolazione.
In linea di principio un facchino differisce da un filosofo meno che un mastino da un levriero. È la divisione del lavoro che ha creato un abisso tra l’uno e l’altro.
La verità o non verità di un pensiero deve essere dimostrata in pratica.
Più l’uomo mette in Dio e meno serba in se stesso.
In ciascuna epoca i pensieri della classe dominante sono i pensieri dominanti; e cioè la classe che riassume il potere materiale dominante nella società esprime al tempo stesso il potere intellettuale in essa dominante. La classe che controlla i mezzi di produzione materiale controlla anche allo stesso tempo i mezzi di produzione intellettuale.
Il comunismo, per noi, non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente.
La grandezza di valore di una merce cambia direttamente col cambiare della quantità e inversamente col cambiare della forza produttiva del lavoro che si realizza in essa.
La borghesia non può esistere senza rivoluzionare continuamente i mezzi di produzione, quindi i rapporti di produzione, quindi l’insieme dei rapporti sociali.
Per produrre merce, non basta produrre valore d’uso, ma valore d’uso per altri, valore d’uso sociale.
Le classi sono dei gruppi politici uniti da un interesse comune. La lotta tra due classi è una lotta politica. Ogni movimento in cui la classe lavoratrice come tale si contrappone alla classe dominante e tenta di distruggere il potere di questa mediante pressioni esercitate dall’esterno è un movimento politico.
È anzitutto compito della filosofia. operante al servizio della storia, di smascherare l’alienazione che l’uomo fa di se stesso nelle sue forme profane, dopo che la forma sacra dell’umana alienazione di se stesso è stata smascherata. La critica del Cielo si trasforma così nella critica della terra, la critica della religione in quella del diritto, la critica della teologia in quella della politica.
I fenomeni storici accadono sempre due volte: la prima come tragedia, la seconda come farsa.
Gli uomini che fanno la storia, generalmente non sanno che storia fanno.
Invece del motto conservatore, “Un giusto salario giornaliero per una giusta giornata lavorativa!” dovrebbero scrivere sulle loro bandiere la parola d’ordine rivoluzionaria: “Abolizione del sistema del lavoro salariato!”
Le idee non possono realizzare nulla. Per realizzare le idee, c’è bisogno degli uomini, che mettono in gioco una forza pratica.
La ragione è sempre esistita ma non sempre in una forma ragionevole.
L’economista è un rappresentante ideologico del capitalista.
Tra la società capitalistica e la società comunista vi è il periodo della trasformazione rivoluzionaria dell’una nell’altra. Ad esso corrisponde anche un periodo politico transitorio, il cui Stato non può essere altro che la dittatura rivoluzionaria del proletariato.
Se il denaro, secondo Augier, viene al mondo con una macchia di sangue sulla guancia, il capitale nasce grondante sangue e fango dalla testa ai piedi.
Il capitale non è una potenza personale; è una potenza sociale.
Il denaro, in quanto possiede la proprietà di comprar tutto, di appropriarsi di tutti gli oggetti, è dunque l’oggetto in senso eminente. L’universalità della sua proprietà costituisce l’onnipotenza del suo essere, esso è considerato, quindi, come ente onnipotente.
“Se Karl, invece di scrivere così tanto sul capitale, ne avesse accumulato un po’, sarebbe stato molto meglio.”
La madre di Karl Marx
Tutto quello che so è che non sono un marxista.
Vai fuori di qui! Le ultime parole vanno bene per gli sciocchi che non hanno detto abbastanza in vita.
(14 marzo 1883, frase pronunciata prima di morire, alla sua governante che lo esortava a dire le ultime parole in modo che lei potesse scriverle)