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Nella sezione Scrittori di aforismi su Twitter l’articolo di oggi è dedicato a @altrodame (Inside). Nella breve nota biografica che mi ha inviato, l’autrice scrive: “Non chiedetemi di parlare di me, io neanche so se sono”.
@altrodame scrive tweet fatti di poche parole (“l’aforisma benfatto sta tutto in otto parole” diceva Gesualdo Bufalino), tweet così fragili e delicati che sembrano potersi rompere da un momento all’altro e perdersi nell’aria come tanti soffioni o bolle di sapone.
La fragilità è uno dei temi della scrittura di @altrodame. Nell’universo dell’autrice ogni cosa è sempre sul punto di rompersi: gli anni (“Non rompete l’anno che è nuovo”), le persone (“Attenti con le persone. Ne ho viste tante rompersi”), i sentimenti (“”Chissà come fanno, a volersi bene, senza farsi troppo male”). E ovviamente la stessa autrice: “Mi toccano come se fossi di vetro. Ecco perché taglio”.
In questo universo sempre sul punto di scomparire, dove ogni cosa può fare “puff” da un momento all’altro, l’autrice si diverte a lavorare sul senso creando dei continui spiazzamenti concettuali. Del resto lo scrive bene in suo tweet quando afferma: “Si è confuso tutto quando abbiamo deciso che le cose, o dovevano avere un senso assoluto o esserne prive”. In un universo binario in cui “le cose o sono questo o sono quello”, @altrodame ci propone una terza alternativa, che è quasi sempre un paradosso logico-sintattico.
Così l’identità si scompone e si ricompone e il cosiddetto “io” può diventare una cosa diversa dall’io, come suggerisce anche il nickname “altrodame”: Non ci tentate con me. Ci ho provato già io” o anche “Mi sono persa qualcosa o solo me?” o anche “Dovevo conoscerti quando ero io”. Tra l’io e il non-io, l’autrice ci propone una terza via, che va al di là della logica e degli schemi e luoghi comuni abituali. Così – attraverso uno slittamento semantico e sintattico – il “Tu” può essere l’unico posto per cercar il “Me” (“sembri un bel posto per cercare me”) e l’altrove può essere l’unico mezzo per ritrovare la propria casa (“Altrove. Devo aver casa lì vicino”).
La parola è lo strumento che permette di capovolgere il significato delle cose e aprire nuove prospettive e il tweet è una specie di giostra magica che fa salire sulle montagne russe del senso creando vertiginosi sdoppiamenti che riguardano non solo l’autrice ma anche il mondo circostante (“Soffitto, dimmi, sei triste?” o si veda anche “Paura, ciao. Parla prima tu”).
Così tra la luce e il buio (“Tra quella luce e quel buio. Là in mezzo sto io”), tra la bellezza e lo spavento (“Sei bellissimo, mi spaventi”), tra la carezza e lo schiaffo (“Poi si diventa così. Che si avvicinano per una carezza, e tu hai paura dello schiaffo”), tra la felicità e la voglia di esplodere in mille pezzi, tra il me e l’altro da me (che è anche un “Tu” che non sa di essere un “Me”), si muove l’autrice, cesellando i suoi splendidi paradossi fatti di delicatezza, fiaba e magia.
Presento una raccolta dei migliori tweet di @altrodame.
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@altrodame, Tweet scelti
Io credo a quello che vedo. Anche se lo vedo solo io.
Le rinunce. Quelle creano mostri.
Eppure, in tutte le cose da cui non riusciamo ad uscire, ci siamo entrati in un attimo.
Vita dimmi, anche tu mi pensavi diversa?
Chissà che senso di colpa, l’ultima goccia.
Io vorrei non pensarti. Ma piove.
Chissà come fanno, a volersi bene, senza farsi troppo male.
Tranquillo. Nessuno saprà di noi. Nemmeno tu.
Credono di non farmi male, solo perché non faccio ahi.
Soffitto, dimmi, sei triste?
Ti riconoscerò tra mille. E tu non ci sarai.
È perfetto. Mettilo lì. Lo distruggo io.
Per un minuto a chi mi ha spogliato. Tutta la vita a chi mi ha coperto le spalle. Così, appartengo.
Poi passa. Sopra, ma passa.
Felicità mi aspetti?
La sensualità è un movimento distratto.
Ma adesso dimmi di te. Mi pensi?
Adesso penso un attimo a tutto e poi esplodo.
Non rompete l’anno che è nuovo.
Tengo io tutta la volta celeste, tu scappa.
Ma che ne sai tu di quanto è costato questo nascondiglio segreto.
Non ci tentate con me. Ci ho provato già io.
C’è anche chi stringe senza fare nodi.
È perfetto. Mettilo lì. Lo distruggo io.
Qualcosa che non basti, per favore.
E poi se ne andò senza neanche fare puff.
Poi si diventa così. Che si avvicinano per una carezza, e tu hai paura dello schiaffo.
Sapessi in quanti posti siamo stati e tu non c’eri.
Non ho avuto paura. Lei ha avuto me.
Dovevo conoscerti quando ero io.
Ma fa tutto questo silenzio anche da voi?
Ciao. Sono la manina che spunta tra le onde.
Impossibile vi prego, che di possibile ne siamo pieni.
La via di mezzo, tra chi ti capisce e chi ti condanna.
Sei a due passi da me. Ma io non so camminare.
Altrove. Devo aver casa lì vicino.
Tu, per esempio, ce l’hai quella cosa che è come se volessi respirare e non sai come si fa?
Mi sono persa qualcosa o solo me?
In fondo tutti rimaniamo incantati davanti ad una tigre. Poi a casa, vogliamo il gattino.
Io, però, nella mia testolina ti scrivo tanto.
Nel livello finale c’è il mostro?
Non vorrei che la prendessi sul personale, ma io ti amo.
Tornerei subito a casa. Se non ci fossi già.
Mi guardo un po’ scomparire e arrivo.
Ma richiede materia, l’anima.
Natale è passato? Posso uscire?
Tra quella luce e quel buio.
Là in mezzo sto io.
(poi ho chiuso tutte le finestre, per non farmi vedere dentro, e non ho visto più fuori)
(sembri un bel posto per cercare me)
Però, nei giorni in cui ti ho amato, l’ho fatto per sempre.
Non riempirò il tuo vuoto. Ci soffierò piano e vedremo tutte bolle di sapone.
Chissà com’è il retro del cielo.
Sei bello come spalancare tutte le finestre di casa.
Non è mica facile, essere sempre sul punto di morire e sentirsi così vivi.
Com’è che sei finito in questa canzone?
Ma, non avere un motivo per andare, non mi è mai sembrato un buon motivo per stare.
Mi riconosci. Sono il posto dispari a tavola.
Paura, ciao. Parla prima tu.
Finché morte non mi separi.
Parlare con te è inutile.
Ti bacio?
Ciao, vuoi fare un disastro con me?
Io, anche se mi guardo dentro vedo te.
Sei bellissimo, mi spaventi.
Chissà se sul tuo collo c’è spazio per tutte le mie paure.
Parlano di passione e non leccano il coperchio dello yogurt.
Non vorrei insistere. Puoi farlo tu, per favore?
Mettimi lì, nella scatoletta delle cose che non potevi.
Avrò sbagliato riva, o fiume. O nemico.
Posa quella parola che ti tagli.
Io lo faccio ancora il gioco che mi volto per vedere se ci sei.
Resta sempre spezzarla, l’unico modo per sapere quanto tiene una corda.
Attenti con le persone. Ne ho viste tante rompersi.
Non ci crederai. Lo farò io.
C’è una cosa che non mi fa paura e dovrebbe farmene. Dite che è il caso che mi spaventi?
Mi toccano come se fossi di vetro. Ecco perché taglio.
Io del primo bacio ricordo tutto. Tranne chi ero io.
Ho un futuro. Ne vuoi un morso?
Guardi ho tutti questi lieto fine mai usati. Ne vuole uno?