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Frasi, citazioni e aforismi di Vincent van Gogh

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Tanto geniale quanto incompreso in vita, Vincent van Gogh è considerato uno dei più grandi pittori della nostra storia. Nato il 30 marzo 1853 a Zundert, Vincent van Gogh muore all’età di 37 anni ad Auvers-sur-Oise (29 luglio 1890) per una ferita da arma da fuoco, molto probabilmente auto-inflitta. In quell’epoca i suoi lavori non erano molto conosciuti né tantomeno apprezzati (nell’arco della sua vita vendette un solo quadro).

La maggior parte di ciò che ci è noto sul pensiero di Vincent van Gogh e sulle sue teorie d’arte, è contenuto nelle centinaia di lettere che scrisse al fratello.

Presento una raccolta di frasi, citazioni e aforismi di Vincent van Gogh. Tra i temi correlati si veda Frasi, citazioni e aforismi sulla pittura, Frasi, citazioni e aforismi sull’arte e Frasi, citazioni e aforismi di Pablo Picasso.

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Frasi, citazioni e aforismi di Vincent van Gogh

Prima sogno i miei dipinti, poi dipingo i miei sogni.

Non bisogna giudicare il buon Dio da questo mondo, perché è uno schizzo che gli è venuto male.

Guardare alle stelle mi fa sempre sognare, semplicemente come quando sogno sui punti neri che rappresentano le città e i villaggi in una mappa. Perché, mi chiedo, i puntini luccicanti del cielo non dovrebbero essere accessibili quanto i puntini neri sulla carta della Francia?

Se qualcosa parla in te per dirti non sei pittore, ebbene in questo caso vecchio mio: dipingi! E questa voce tacerà. Ma tacerà solo se dipingi. Chi, ascoltando questa voce, va dagli amici a lamentarsi, a raccontare loro le sue preoccupazioni, perde un po’ della sua forza virile, un po’ del meglio che c’è in lui.

Io penso spesso che la notte sia più viva e più riccamente colorata del giorno.

L’unico momento in cui mi sento vivo è quando dipingo.

Non c’è blu senza giallo e senza arancione, e se si aggiunge del blu, bisogna aggiungere anche del giallo e dell’arancione.

Quando sento un terribile bisogno di, se devo nominarla, religione. Allora esco e dipingo le stelle.

Se oggi non valgo nulla, non varrò nulla nemmeno domani; ma se domani scoprono in me dei valori, vuole dire che li posseggo anche oggi.
Poiché il grano è grano, anche se la gente dapprima lo prende per erba.

Non posso cambiare il fatto che i miei quadri non vendono. Ma verrà il giorno in cui la gente riconoscerà che valgono più del valore dei colori usati nel quadro.

La tua professione non è ciò che ti fa portare a casa la tua paga. La tua professione è ciò che sei stato messo al mondo a svolgere con tale passione e intensità che diventa spirituale nella sua chiamata.

Così il pennello sta alle mie dita come l’archetto al violino, e assolutamente per mio piacere.

Più divento dissipato, malato, vaso rotto, più io divento artista, creatore… con quanta minor fatica si sarebbe potuto vivere la vita, invece di fare dell’arte.

Per tutto l’anno ho lavorato andando appresso alla natura e tuttavia ancora una volta mi accorgo di lasciarmi andare a fare delle stelle troppo grandi.

Cosa sono io agli occhi della gran parte della gente? Una nullità, un uomo eccentrico o sgradevole – qualcuno che non ha posizione sociale né potrà averne mai una; in breve, l’infimo degli infimi. Ebbene, anche se ciò fosse vero, vorrei sempre che le mie opere mostrassero cosa c’è nel cuore di questo eccentrico, di questo nessuno.

Nell’arte bisogna avere un’idea madre, esprimerla in modo eloquente, conservarla dentro di sé e comunicarla agli altri con forza come l’impronta di una medaglia… L’arte non è una partita di piacere. È una lotta, un ingranaggio che tritura… non sono un filosofo, non voglio sopprimere il dolore, né trovare una formula che renda stoici o indifferenti. Il dolore è, forse, quello che fa esprimere più fortemente gli artisti.

Non soffocare la tua ispirazione e la tua immaginazione, non diventare lo schiavo del tuo modello.

Posso riuscire bene senza Dio nella mia vita e nella mia arte, ma non posso, sofferente come sono, riuscire senza qualcosa di più grande di me, ossia la mia vita, il potere di creare.

Uno potrebbe avere un cuore in fiamme nella propria anima e nessuno che ci si sieda accanto per scaldarsi. I passanti vedono solo una traccia di fumo e continuano per la loro strada.

Sento una chiarezza spaventosa in quei momenti in cui la natura è bellissima. Non sono più sicuro di me stesso, e i dipinti mi appaiono come sogni.

Vedo disegni e dipinti nei luoghi più poveri, negli angoli più sporchi.

Preferisco dipingere gli occhi degli uomini che le cattedrali, perché negli occhi degli uomini c’è qualcosa che non c’è nelle cattedrali, per quanto maestose e imponenti siano.

Cos’è disegnare? Come ci si arriva? E’ l’atto di aprirsi un passaggio attraverso un muro di ferro invisibile che sembra trovarsi tra ciò che si sente e che si può.

Io penso di vedere qualcosa di più profondo, più infinito, più eterno dell’oceano nell’espressione degli occhi di un bambino piccolo quando si sveglia alla mattina e mormora o ride perché vede il sole splendere sulla sua culla.

Nella mia febbre cerebrale o follia, non so come chiamarla, i miei pensieri hanno navigato molti mari.

Nell’amore così come in tutta la natura cʼè un appassire e un rifiorire, ma non una morte definitiva. La marea si alza o si abbassa, ma il mare resta il mare. E nell’amore, che sia per una donna o per lʼarte, ci sono momenti di sfinimento e debolezza, ma non un disincanto duraturo.

Le leggi dei colori sono inesprimibilmente belle, proprio perché non sono dovute al caso.

Se non hai un cane – almeno uno – non c’è necessariamente qualcosa di sbagliato in te, ma ci può essere qualcosa di sbagliato nella tua vita.

In un quadro io vorrei dire qualcosa di consolante come una musica. Vorrei dipingere degli uomini o delle donne con un non so che di eterno, il cui simbolo era una volta il nimbo, e che noi cerchiamo mediante l’irradiazione di per se stessa, mediante la vibrazione dei nostri colori.

Chi non ha imparato a dire ‘lei e nessun altra’ sa che cos’è che l’amore?

A volte desidero talmente dipingere un paesaggio, come uno anela a una lunga passeggiata per ristorarsi, e in tutta la natura, negli alberi ad esempio, io vedo unʼespressione ed unʼanima.

Siamo tanto attaccati a questa vecchia vita perché accanto ai momenti di tristezza, abbiamo anche momenti di gioia in cui anima e cuore esultano – come l’allodola che non può fare a meno di cantare al mattino, anche se l’anima talvolta trema in noi, piena di timori.

I pescatori sanno che il mare è pericoloso e la tempesta terribile, ma non hanno mai trovato questi pericoli, una ragione sufficiente per restare a riva.

Faccio sempre ciò che non so fare, per imparare come va fatto.

Non è tanto il linguaggio del pittore che si deve sentire, quanto quello della natura.

Se quel che si fa si apre sull’infinito, se si vede che il lavoro ha una sua ragion d’essere e che continua al di là, si lavora più serenamente.

Le leggi dei colori sono inesprimibilmente belle, proprio perché non sono dovute al caso.

[Vincent van Gogh, riferendosi ad Arles] Adesso abbiamo qui un calore stupendo, intensissimo, senza vento, che fa proprio al caso mio. Un sole, una luce che in mancanza di meglio non posso che chiamare gialla, gialla zolfo pallido, limone oro pallido. Com’è bello il giallo! E come vedrò meglio il Nord!

Cʼè una tale ripugnanza a riprendermi in casa, come ad avere in casa un grosso cane ispido. Starà tra i piedi a tutti. E abbaia così forte. Una bestiaccia sporca – insomma. Molto bene – ma la bestiaccia ha una storia umana e, pur essendo un cane, unʼanima umana e per giunta molto sensibile.

Più divento brutto, vecchio, meschino, malato, più mi voglio vendicare creando colori brillanti, ben combinati e risplendenti.

La gente dice, e son ben disposto a crederci, che è difficile conoscere se stessi – ma non è facile nemmeno dipingere se stessi.

Cosa altro si può fare, pensando a tutte le cose la cui ragione non si comprende, se non perdere lo sguardo sui campi di grano. La loro storia è la nostra, perché noi, che viviamo di pane, non siamo forse grano in larga parte?

Così come in algebra due affermazioni false ne danno una vera, così spero che il prodotto dei miei insuccessi si concluda con un successo.

Ciò che differenzia da prima che s’innamorasse una persona innamorata non differisce da ciò che distingue una lampada spenta da quando invece è accesa: prima esisteva solo un’ottima lampada, ma ora in più diffonde la luce (e svolge così la sua vera funzione).

Più ci penso, più mi rendo conto che non c’è nulla di più veramente artistico che amare gli altri.

il modo migliore di amare la vita è amare molte cose.

La mia ambizione si limita davvero a qualche zolla di terra, del grano che germoglia. Un uliveto.

Mi addolora tanto che i miei rapporti con i pittori siano così freddi e che, come ti ho già scritto prima, non ci si possa sedere amichevolmente tutti insieme intorno alla stufa, per esempio in una giornata piovosa come questa, per guardare dei disegni o delle stampe, e incoraggiarci a vicenda.

Devo prevenirti che tutti troveranno che io lavoro troppo in fretta. Non ci credere affatto. Non è forse l’emozione, la sincerità del sentimento della natura che ci guida? E se queste emozioni sono talvolta così forti che si lavora senza accorgersi che si lavora, quando a volte le pennellate vengono con un seguito e dei rapporti fra loro come le parole in un discorso o in una lettera, bisogna allora ricordarsi che non è sempre stato così e che nell’avvenire ci saranno pure, purtroppo, giorni grevi, senza ispirazione. Bisogna perciò battere il ferro mentre è caldo e mettere da parte le sbarre fucinate.

Mi sono rimesso al lavoro, anche se il pennello mi casca quasi di mano e, sapendo perfettamente ciò che volevo, ho ancora dipinto tre grandi tele. Sono immense distese di grano sotto cieli tormentati, e non ho avuto difficoltà per cercare di esprimere la mia tristezza, l’estrema solitudine.

Bisogna aver sempre presente la meta da raggiungere e che la vittoria ottenuta dopo un’intera vita di laboriosa fatica vale più di un facile successo. Chiunque viva sinceramente e affronti senza piegarsi dolori e delusioni è assai più degno di chi ha sempre avuto il vento favorevole, non conoscendo altro che una relativa prosperità.

Sento in me una tal forza creativa che sono sicuro verrà il giorno in cui sarò in grado di produrre regolarmente ogni giorno cose buone. Passo di rado una giornata senza far niente, ma ciò che faccio non è ancora quello che vorrei. In ogni caso, sento che la pittura ridesterà ancora, indirettamente, qualcosa in me.

I libri la realtà e l’arte sono una sola cosa per me.

Ho preferito la malinconia che sperasse, che avesse delle aspirazioni, che cercasse qualcosa, ad una disperazione cupa e stagnante.

Domani mi rimetterò al lavoro, comincerò con un paio di nature morte, per riprendere lʼabitudine a dipingere. Spero che il mio sia stato solo un raptus di follia da artista. Ma il sangue si rinnova ogni giorno e nello stesso modo la serenità torna nella mia mente giorno dopo giorno. Perciò ti prego: dimentica il tuo triste viaggio e la mia malattia.
(Lettera a Theo van Gogh, Arles, lunedì 7 gennaio 1889)

Ti scrivo in piena presenza di spirito e non come un pazzo, ma come il fratello che ti vuol bene. Eccoti dunque la verità. Un certo numero di persone di qui hanno indirizzato al sindaco una petizione che mi definiva persona non adatta a vivere in libertà, o una cosa del genere. Il commissario di polizia o il commissario centrale hanno dato perciò l’ordine di internarmi di nuovo.
Eccomi quindi qui per lunghi giorni sotto chiavi e chiavistelli e guardiani in cella, senza che sia provata e neppure provabile la mia colpa.
(Lettera a Theo van Gogh, Arles, lunedì 19 marzo 1889)

Non ti nascondo che avrei preferito morire piuttosto che causare o subire tanti guai. Che vuoi, soffrire senza lamentarsi è l’unica lezione che importa imparare in questa vita
(Lettera a Theo van Gogh, Arles, lunedì 19 marzo 1889)

Leggo poco per aver tempo di riflettere. È molto probabile che abbia ancora tanto da soffrire. E questo non mi va affatto, a dire il vero, perché in nessun modo desidero il ruolo di martire. Prendo tutti i giorni il rimedio che l’incomparabile Dickens prescriveva contro il suicidio. Consiste in un bicchiere di vino, un boccone di pane e di formaggio e una pipa di tabacco.

Volevo uccidermi, ma ho fatto cilecca. Nel caso dovessi sopravvivere ci riproverò.
(Il 27 luglio 1890, al dottor Gachet dopo il tentativo di Vincent van Gogh di suicidarsi)

Ora vorrei ritornare
(27 luglio 1890, ultime parole di Vincent van Gogh prima di morire)

La tristezza durerà per sempre.
(Biglietto scritto da Vincent van Gogh prima di suicidarsi.

Vorrei solo che mi accettassero per quel che sono.

Il mondo non m’interessa se non per il fatto che ho un debito verso di esso, e anche il dovere, dato che mi ci sono aggirato per trent’anni, di lasciargli come segno di gratitudine alcuni ricordi sotto forma di disegni o di quadri, non eseguiti per compiacere a questa o a quella tendenza, ma per esprimere un sentimento umano sincero.