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Le frasi più belle di Boris Pasternak

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Boris Pasternak (Mosca, 10 febbraio 1890 – Peredelkino, 30 maggio 1960), Premio Nobel per la Letteratura nel 1958, è considerato uno dei più importanti poeti e scrittori russi.

Dal suo capolavoro, Il dottor Živago (1957), sarà tratto il film omonimo di successo (1965) con Omar Sharif, Julie Christie, Geraldine Chaplin, Alec Guinness e Rod Steiger. Il dottor Živago fu pubblicato legalmente in Russia solo nel 1988, nel periodo di riforma dell’Unione Sovietica promosso da Gorbačëv.

Presento una raccolta delle frasi più belle di Boris Pasternak. Tra i temi correlati si veda Le frasi più belle e famose di Lev Tolstoj e Frasi, citazioni e aforismi di Fëdor Dostoevskij.

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Le frasi più belle di Boris Pasternak

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Il dottor Živago

Io non amo la gente perfetta, quelli che non sono mai caduti, non hanno inciampato. La loro è una virtù spenta, di poco valore. A loro non si è svelata la bellezza della vita.

Che bello essere vivi, pensò. Ma perché fa sempre così male?

Nessuno fa la storia, la storia non si vede, come non si vede crescere l’erba.

Solo i solitari cercano la verità e rompono con tutti quelli che non lo amano sufficientemente.

Bisogna essere di un’irrimediabile nullità per sostenere un solo ruolo nella vita, per occupare un solo ruolo nella vita, per occupare un solo e medesimo posto nella società, per significare sempre la stessa cosa.

L’uomo nasce per vivere, non per prepararsi alla vita.

Vivere significa sempre tendere in avanti, verso l’alto, verso la perfezione, e raggiungerla.

Si accorsero allora che solo la vita simile alla vita di chi ci circonda, la vita che si immerge nella vita senza lasciar segno, è vera vita, che la felicità isolata non è felicità

Ce ne sono al mondo di cose che meritino fedeltà? Ben poche. Io penso che si debba essere fedeli all’immortalità, quest’altro nome della vita, un po’ più intenso.

Ti amo selvaggiamente, follemente, infinitamente.

Che follia il valzer! Si gira, si gira, senza pensare a nulla.

Voi vi preoccupate se risorgerete o meno, mentre siete già risorta, senza accorgervene, quando siete nata.

Ora,come non mai, gli era chiaro che l’arte è sempre dominata da un duplice motivo: un’instancabile meditazione sulla morte, da cui instancabilmente essa crea la vita.

Anche più dell’affinità delle loro anime, li univa l’abisso che li divideva dal resto del mondo. Tutti e due provavano la stessa avversione per quanto è fatalmente tipico dell’uomo d’oggi, per la sua artificiosa esaltazione, per la sua enfasi chiassosa, per quella mortificante inerzia della fantasia che innumerevoli lavoratori dell’arte e della scienza si preoccupano di alimentare, perché la genialità resti un’eccezione

Il loro era un grande amore. Ma tutti amano senza accorgersi della straordinarietà del loro sentimento. Per loro invece, e in questo erano una rarità, gli istanti in cui, come un alito d’eternità, nella loro condannata esistenza umana sopravveniva il fremito della passione, costituivano momenti di rivelazione e di un nuovo approfondimento di se stessi e della vita.

La guerra è stata un’interruzione artificiale della vita, come se l’esistenza si potesse momentaneamente rimandare (che assurdità!). La rivoluzione è scoppiata quasi suo malgrado, come un sospiro troppo a lungo trattenuto. Ognuno si è rianimato, è rinato; dappertutto trasformazioni, rivolgimenti. Si potrebbe dire che in ciascuno sono avvenute due rivoluzioni: una propria, individuale, e l’altra generale

Con che cosa colpisce, la vita? Col tuono o col fulmine? No, con sguardi in tralice e sussurri di calunnie. Tutto in essa è perfido ed equivoco. Le basta tendere un filo, esile, come una ragnatela, ed è finita; prova a tirarti fuori dalla rete! Ti ci invischi sempre di più.
E sul forte hanno la meglio il debole e l’abietto.

Da qualsiasi punto, a ogni curva, si spalancavano davanti la tetra steppa, l’oscuro cielo, la vastità della guerra, la vastità della rivoluzione.

La filosofia dev’essere non più che un condimento all’arte della vita. Dedicarsi soltanto alla filosofia non è meno strano del mangiare sempre e solo rafano.

Impuro è soltanto il superfluo.

L’arte non è pensabile senza rischio e sacrificio spirituale di sé.

A proposito di sogni. È consuetudine pensare che di solito la notte si sogni quel che di giorno, nella veglia, ci ha maggiormente impressionati. Le mie osservazioni invece dicono tutto il contrario.
Più di una volta ho notato che proprio le cose appena notate di giorno, i pensieri non portati a completo chiarimento, le parole dette senza anima e lasciate senza attenzione, fanno ritorno di notte, in carne e ossa, e diventano i temi dei sogni.

Sono geloso di ciò che è oscuro, inconscio, di quello per cui è impensabile una spiegazione, che non si può prevedere.
Sono geloso degli oggetti della tua toilette, delle gocce di sudore sulla tua pelle, delle malattie infettive portate dall’aria, che possono attaccarsi a te e avvelenarti il sangue.

Oh come si desidera a volte poter scappare dall’insulsa monotonia dell’umana eloquenza, dalle frasi sublimi, per cercare rifugio nella natura, apparentemente così silenziosa, oppure nel mutismo di fatiche lunghe ed estenuanti, del sonno profondo, di musica vera o dell’umana comprensione zittita dall’emozione!

E’ una malattia di questi ultimi tempi. Credo che le cause siano di ordine morale. Alla gran maggioranza di noi si richiede un’ipocrisia costante, eretta a sistema. Ma non si può, senza conseguenze, mostrarsi ogni giorno diversi da quello che ci si sente: sacrificarsi per ciò che non si ama, rallegrarsi di ciò che ci rende infelici.

Per quanto rifiuti ogni onorario, non posso fare a meno di accettare, perché la gente non crede nell’efficacia dei consigli gratuiti.

Ma tutte le madri sono madri di grandi uomini e non è colpa loro se poi la vita le delude.

Forza, Jura! Vestiti e andiamo. Bisogna esserci. Questa è storia. Capita una sola volta nella vita.

Ecco che cos’era la vita, che cos’era l’esperienza, che cosa inseguivano coloro che andavano in cerca d’avventure, ecco a che cosa mirava l’arte: ritornare a casa propria, ai propri affetti, riprendere a vivere.

L’arte serve sempre la bellezza, e la bellezza è la felicità di possedere una forma, e la forma è la chiave organica dell’esistenza, tutto ciò che vive deve avere una forma per esistere, e, quindi, l’arte, anche quella tragica, racconta la felicità dell’esistenza.

I campi e le foreste offrivano allora due paesaggi completamente opposti. I campi, senza l’uomo, erano divenuti orfani, come colpiti in sua assenza da una maledizione. I boschi, invece, liberi dall’uomo, in salvo, si erano ravvivati come prigionieri tornati in libertà.

E’ successo più volte nella storia. Quello che era stato concepito in modo nobile e alto, è diventato rozza materia. Così la Grecia è divenuta Roma, così l’illuminismo russo è diventato la rivoluzione russa.

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Frasi e poesie varie

Ciò che è stabilito, ordinato, fattuale, non è mai abbastanza per abbracciare tutta la verità; la vita scorre sempre sul bordo di ogni tazza.

La poesia è quell’altezza che supera tutte le gloriose Alpi, e che si trova nell’erba, sotto i piedi, cosicché occorre soltanto chinarsi per vederla e coglierla.

La poesia è un ricco, corposo fischio,
lo scricchiolio del ghiaccio tritato nei secchielli,
la notte che intorpidisce la foglia,
il duetto di due usignoli,
i piselli dolci che sono diventati selvatici.

Anche la vita è un istante soltanto,
solo un dissolversi
di noi stessi negli altri
come in dono.

Essere donna è un gran passo,
fare impazzire, eroismo.
E io dinnanzi al miracolo di mani,
schiena, spalle e di un collo di donna
con devozione di servo
la vita tutta riverisco.

In ogni cosa io voglio arrivare
Alla parte essenziale.
Nel lavoro, nella strada da fare,
Nel cruccio che il cuore assale.
All’essenza dei passati momenti,
Alle ragioni primiere,
Al midollo, fino ai fondamenti,
Alle radici più vere.

La neve cade, la neve cade,
come se non cadessero i fiocchi,
ma in un mantello rattoppato
scendesse a terra la volta celeste

Quanto coraggio ci vuole per recitare nei secoli, come recitano i burroni, come recita il fiume.

Anche se con Majakovskij ci davamo del lei e con Esenin del tu, i nostri incontri furono ancora più rari. Si potrebbero contare sulla punta delle dita, ed andavano immancabilmente a finir male. O ci giuravamo eterna fedeltà inondandoci di lacrime a vicenda, o ci picchiavamo di santa ragione e dovevano dividerci.