Skip to main content
AutoriFrasi Belle

Le frasi più belle e famose di Vassily Kandinsky

Annunci

Vasilij Kandinskij, anche anglicizzato come Vassily Kandinsky (Mosca, 16 dicembre 1866 – Neuilly-sur-Seine, 13 dicembre 1944) è stato un grande pittore russo, considerato il primo artista ad aver dipinto opere completamente astratte.

Presento una raccolta delle frasi più belle e famose di Vassily Kandinsky. Tra i temi correlati si veda Le frasi più belle di Claude Monet, Frasi, citazioni e aforismi di Vincent Van Gogh, Frasi, citazioni e aforismi di Salvador Dalì, Frasi, citazioni e aforismi di Pablo Picasso e Frasi, citazioni e aforismi sui colori.

**

Le frasi più belle e famose di Vassily Kandinsky

In ogni quadro è misteriosamente racchiusa un’intera vita, una vita piena di dolore e di dubbi, di ore d’entusiasmo e di luce.

Il colore è un mezzo di esercitare sull’anima un’influenza diretta.
Il colore è la tastiera, gli occhi sono il martelletto, l’anima è un pianoforte con molte corde. L’artista è la mano che suona, toccando un tasto o l’altro, per provocare vibrazioni nell’anima.

Presta le tue orecchie alla musica, apri i tuoi occhi alla pittura, e… smetti di pensare! Chiediti solamente se il tuo lavoro ti ha permesso di passeggiare all’interno di un mondo fin qui sconosciuto. Se la risposta è sì, che cosa vuoi di più?

Un quadro ben dipinto non è quello che ha i valori esatti o una distinzione quasi scientifica tra toni caldi e freddi, ma quello che ha una vera vita interiore. E un buon disegno è quello in cui non si può cambiare nulla senza distruggere questa vita interiore, indipendentemente dal fatto che contraddica le regole dell’anatomia, della botanica o di un’altra scienza.

Non che niente al mondo che desideri la bellezza e sappia diventare bello più dell’anima… perciò pochissimi resistono al fascino di un’anima che si dedica alla bellezza.

La dissonanza pittorica e musicale di oggi non è altro che la consonanza di domani.

Una tela vuota è una meraviglia vivente … molto più bella di certe immagini.

Creare un’opera d’arte è creare il mondo.

Ogni opera d’arte è figlia del suo tempo, è spesso è madre dei nostri sentimenti.
Analogamente, ogni periodo culturale esprime una sua arte, che non si ripeterà mai più. Lo sforzo di ridar vita a principi estetici del passato può creare al massimo delle opere che sembrano bambini nati morti

L’arte oltrepassa i limiti nei quali il tempo vorrebbe comprimerla, e indica il contenuto del futuro.

I primi colori che mi fecero grande impressione sono il verde chiaro e brillante, il bianco, il rosso carminio, il nero e il giallo ocra. Avevo allora tre anni.

Mi sembrava che l’anima viva dei colori emettesse un richiamo musicale, quando l’inflessibile volontà del pennello strappava loro una parte di vita. Sentivo a volte il chiacchiericcio sommesso dei colori che si mescolavano; era un’esperienza simile a quella che si sarebbe potuta fare nella misteriosa cucina di un alchimista.

L’occhio aperto e l’orecchio vigile trasformeranno le più piccole scosse in grandi esperienze.

L’artista deve esercitare non solo i suoi occhi, ma anche la sua anima.

Più il mondo diventa spaventoso… più l’arte diventa astratta.

L’osservatore deve imparare a guardare l’immagine come una rappresentazione grafica di uno stato d’animo e non come una rappresentazione di oggetti.

Di tutte le arti, la pittura astratta è la più difficile. Richiede che tu sappia disegnare bene, che tu abbia una maggiore sensibilità per la composizione e i colori e che tu sia un vero poeta.

La vera opera d’arte nasce “dall’artista” in modo misterioso, enigmatico, mistico. Staccandosi da lui assume una sua personalità, e diviene un soggetto indipendente con un suo respiro spirituale e una sua vita concreta. Diventa un aspetto dell’essere.

L’artista deve essere cieco alle forme già note o meno note, sordo alle teorie ed ai desideri della sua epoca. Deve fissare gli occhi sulla sua vita interiore, tendere l’orecchio alla necessità interiore.

Posso giudicarmi severamente su molti punti. Ma c’è una cosa cui sono sempre rimasto fedele: la voce interiore che ha determinato i miei fini nell’arte e che spero di seguire sino all’ultimo respiro.

Tutti i metodi sono sacri se sono intimamente necessari. Tutti i metodi sono sbagliati se non scaturiscono dalla necessità interiore.

L’artista non è nato per una vita di piacere. Non deve vivere nell’ozio; deve svolgere un duro lavoro, che spesso è una croce.

L’artista non è libero nella vita ma soltanto nell’arte.

la pittura è la collisione fulminante di mondi differenti, destinati a creare un nuovo mondo.

La pittura è un’arte, e l’arte non è l’inutile creazione di cose che svaniscono nel vuoto, ma è una forza che ha un fine, e deve servire allo sviluppo e all’affinamento dell’anima, al movimento del triangolo. E’ un linguaggio che parla all’anima con parole proprie, di cose che per l’anima sono il pane quotidiano, e che solo così può ricevere.

Tutto ciò che era inerte, fremeva; tutto quello che era morto, riviveva. Non soltanto le stelle, la luna, le foreste, i fiori tanto cantati dai poeti, ma anche il mozzicone nel portacenere, il bottone di madreperla che vi fissa dal ruscello, bianco e paziente, il filo di corteccia che la formica stringe con tutte le sue forze e trascina fra l’erba alta, verso mete indeterminate e importanti; un foglietto di calendario che una mano cosciente strappa dalla calda comunità degli altri fogli.

Tutto mi mostra il suo volto, il suo essere profondo, la sua anima segreta che tace più spesso invece di parlare. Fu così che ogni punto, ogni linea immota o animata per me diventavano vive e mi offrivano la loro anima. Questo bastò a farmi scoprire, con tutto il mio essere e con tutti i miei sensi, le possibilità dell’esistenza di un’arte da determinare e che oggi, in contrasto con l’arte figurativa, è chiamata “arte astratta”

Le tonalità cromatiche, come quelle musicali, hanno un’essenza sottile, danno emozioni più sottili, inesprimibili a parole. Forse ogni tono troverà col tempo un’espressione materiale, verbale. Eppure ci sarà sempre qualcosa che la parola non può rendere compiutamente, e che non è superfluo, ma l’essenziale. Per questo le parole sono e restano accenni, segni abbastanza esteriori dei colori. In questa impossibilità di sostituire l’essenza del colore con la parola o con altri mezzi sta la possibilità dell’arte monumentale.

L’artista che usa la sua energia per soddisfare esigenze meno elevate, dà un contenuto impuro ad una forma apparentemente artistica, mescola elementi deboli ad elementi negativi, fa ingannare gli uomini, e li aiuta a ingannare se stessi convincendoli che sono spiritualmente assetati, e che possono soddisfare la loro sete ad una sorgente pura. Opere come queste non favoriscono il movimento verso l’alto ma lo frenano, soffocano il desiderio di migliorare e diffondono la peste.

La via della pittura si snoda fra due zone ugualmente pericolose: a destra c’è l’uso completamente astratto e libero del colore in forme “geometriche”, a sinistra l’uso più realista, ma troppo inibito dell’esteriorità, del colore in forme “fisiche”… Fra questi due estremi si ha una libertà infinita, una profondità, un respiro, una ricchezza di possibilità: tutto, oggi, è al servizio dell’artista

L’artista deve avere qualcosa da dire, perché il suo compito non è quello di dominare la forma, ma di adattare la forma al suo contenuto; non è un beniamino della vita, non ha il diritto di vivere senza un compito.

Nell’arte viene gradualmente sempre più in primo piano l’elemento dell’astratto che ancora ieri, timido e pressoché invisibile, si nascondeva dietro sforzi puramente materialistici, e questo crescere dell’astratto, fino ad acquistare infine il predominio, è un fatto naturale. Esso è naturale poiché, quanto più la forma organica viene respinta indietro, tanto più questo astratto avanza autonomamente in primo piano e guadagna in suono interiore.

Non vorrei passare per un simbolista, per un romantico, per un costruttivista. Mi accontenterei che lo spettatore sentisse in sé la vita interiore delle forze vive adoperate, nella loro relazione, che passando da un quadro all’altro scoprisse ogni volta un contenuto pittorico diverso.

La nostra anima si sta risvegliando da un lungo periodo di materialismo, e racchiude in sé i germi di quella disperazione che nasce dalla mancanza di una fede, di uno scopo, di una meta… L’anima si sta svegliando, ma si sente ancora in preda all’incubo. Intravede solo una debole luce, come un punto in un immenso cerchio nero.

Lotte di toni, equilibri perduti, principi che cadono, inattesi colpi di tamburo, grandi domande, aspirazioni apparentemente insensate, impulso, nostalgia e desiderio in apparenza lacerati, catene e vincoli distrutti che uniscono opposti e contraddizioni: questa è la nostra armonia.

**

Frasi di Vassily Kandinsky su punto, linea e superficie

L’impatto dell’angolo acuto di un triangolo contro un cerchio ha un effetto non meno poderoso del dito di Dio che tocca l’indice di Adamo in Michelangelo

Una retta, e in particolare una breve retta che si ispessisce, rappresenta un caso analogo a quello del punto che cresce: anche qui c’è da domandarsi: “In quale momento si estingue la linea come tale e in quale momento nasce una superficie?”. Ma non possiamo dare una risposta precisa. Come si potrebbe rispondere alla domanda: “Quando finisce il fiume e quando comincia il mare?”.

La linea geometrica è un ente invisibile. Essa è la traccia lasciata dal punto in movimento, quindi un suo prodotto. Essa è sorta dal movimento ‐ e precisamente attraverso l’annientamento della quiete suprema in sé conchiusa nel punto. Qui ha luogo il salto dalla staticità al dinamismo.

Seguire una retta è temporalmente diverso dal seguire una curva, anche se le lunghezze siano le stesse; e quanto più mossa è la curva, tanto più essa si estende nel tempo. Dunque, nella linea le possibilità di uso del tempo sono molteplici.

Il cerchio, che utilizzo così tanto nell’ultimo periodo, a volte può essere definito nient’altro che romantico. Il romanticismo futuro è davvero profondo, bello, significativo, e rende felici, è un pezzo di ghiaccio in cui brucia una fiamma.

Il cerchio, pur essendo una forma più modesta, si afferma categoricamente, perché è una forma precisa, ma inesauribilmente variabile; stabile e instabile allo stesso tempo, sommesso e forte; perché è una tensione che porta con sé infinite tensioni; perché è una sintesi dei maggiori contrasti; e unisce il concentrico e l’eccentrico in una forma e in un equilibrio.

Il punto geometrico è un ente invisibile. Esso dev’essere definito anche un ente immateriale. Dal punto di vista materiale il punto equivale allo zero. In questo zero sono però nascoste varie proprietà “umane”. Ai nostri occhi questo punto zero ‐ il punto geometrico ‐ è associato alla massima concisione, al massimo riserbo, che però parla. Così il punto geometrico diviene l’unione suprema di silenzio e parole.

Il punto fa presa sulla superficie di fondo e vi si stabilisce per sempre. Così: esso è internamente la più concisa affermazione stabile, che sorge breve, ferma e rapida. Perciò il punto deve essere considerato, in senso esterno e interno, l’elemento originario della pittura e specialmente della grafica.

**

Frasi di Vassily Kandinsky sui colori

Non bisogna usare un colore perché esiste in natura ma perché è necessario al quadro.

Come un nulla senza possibilità, un nulla morto dopo la morte del sole, come un silenzio eterno senza avvenire, risuona interiormente il nero.

Il bianco ci colpisce come un grande silenzio che ci sembra assoluto. Interiormente lo sentiamo come un non-suono, molto simile alle pause musicali che interrompono brevemente lo sviluppo di una frase o di un tema, senza concluderlo definitivamente.

Tanto più scuro è l’azzurro tanto più esso attira l’uomo nell’infinito, risveglia in lui la nostalgia del puro e, in fin dei conti, del soprasensibile. È il colore del cielo come noi ce lo immaginiamo al suono della parola cielo.

I colori squillanti si intensificano se sono posti entro forme acute (per esempio il giallo in un triangolo); i colori che amano la profondità sono rafforzati da forme tonde (l’azzurro per esempio, da un cerchio).

Se, quando il rosso si avvicina allo spettatore, nasce l’arancione, quando si ritrae nel blu nasce il viola, che tende appunto ad allontanarsi da chi guarda.
Il viola è dunque un rosso fisicamente e psichicamente più freddo. Ha in sé qualcosa di malato, di spento, di triste.
Assomiglia al suono del corno inglese, delle zampogne, e quando è profondo, al registro grave dei legni (per esempio del fagotto).

Il rosso caldo, rafforzato dal giallo che gli è affine, forma l’arancione.
L’arancione è come un uomo sicuro della sua forza, che dà un’idea di salute. Il suo suono sembra quello di una campana che invita all’Angelus, o di un robusto contralto, o di una viola che esegue un largo.

Il rosso che di solito abbiamo in mente è un colore dilagante e tipicamente caldo, che agisce nell’interiorità in modo vitalissimo, vivace e irrequieto. Senza avere la superficialità del giallo, che si disperde in tutte le direzioni, dimostra un’energia immensa e quasi consapevole.

Il grigio è silenzioso e immobile. La sua immobilità però, è diversa dalla quiete del verde, che è circondata e prodotta da colori attivi. Il grigio è l’immobilità senza speranza. Più diventa scuro, più si accentua la sua desolazione e cresce il suo senso di soffocamento.