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Frasi Belle

Frasi, citazioni e aforismi sui lager e i campi di concentramento

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Lager è un termine tedesco che indica cumulativamente i campi di concentramento. Il termine Lager in tedesco significa sia “campo” sia “magazzino”: si scelse quella parola quindi per significare che quello era un luogo in cui esercitare una stretta sorveglianza su un considerevole numero di individui, chiamati “pezzi”.

Presento una raccolta di frasi, citazioni e aforismi sul lager e i campi di concentramento. Tra i temi correlati Giornata della Memoria, frasi e citazioni per ricordare la Shoah, 20 poesie sull’Olocausto e la Shoah e Frasi, citazioni e aforismi sul genocidio.

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Frasi, citazioni e aforismi sul lager e i campi di concentramento

Il Lager, nelle sue molteplici ma sempre mostruose forme, è un simbolo del ventesimo secolo. I campi di punizione e di lavoro in Germania e quelli del sistema Gulag dello stalinismo, i campi di concentramento e i campi di sterminio dei nazionalsocialisti. Con l’eccezione della Russia, in Europa sono scomparsi. La parola però è rimasta.
(Herta Müller)

Oggi [la parola Lager] sta per campo estivo, campeggio, camping, luogo di riposo. (…) Nelle accezioni innocenti della parola Lager in tedesco sento sempre il terrore, il turbamento psichico. Le cose designate con la parola Lager hanno una specie di nascondiglio.
(Herta Müller)

Cos’è un lager? / Sono mille e mille occhiaie vuote, / sono mani magre abbarbicate ai fili, / son baracche, uffici, orari, timbri e ruote, / son routine e risa dietro a dei fucili, / sono la paura l’unica emozione, / sono angoscia d’anni dove il niente è tutto, / sono una pazzia e un’allucinazione / che la nostra noia sembra quasi un rutto. / Sono il lato buio della nostra mente, | sono un qualche cosa da dimenticare.
(Francesco Guccini)

Ma la tortura è niente rispetto all’esperienza dentro un lager. Se le sevizie prima o poi finiscono, il campo di concentramento non ammette tregua.
(Vittore Bocchetta)

Chi ha subito il tormento nel lager non potrà più ambientarsi nel mondo, l’abominio dell’annullamento non si estingue mai. La fiducia nell’umanità, già incrinata dal primo schiaffo sul viso, demolita poi dalla tortura, non si riacquista più.
(Jean Améry)

La camera a gas è l’unico punto di carità, nel campo di concentramento.
(Elsa Morante, La storia)

Il Lager non è mai uscito dal mio cuore e dal mio cervello. Niente potrà riparare la ferita subita, ma sono convinta che noi ex deportati possiamo fare qualcosa per gli altri, il mio ricordo non può e non deve rimanere chiuso tra le mura di casa, all’interno della famiglia, sento che la mia sventura riguarda tutti, le vittime di ogni violenza, ma anche chi continua a pensare all’altro come nemico da annientare, da liquidare.
(Marta Ascoli)

Se avessi conosciuto gli orrori dei campi di concentramento tedeschi non avrei potuto fare Il dittatore; non avrei certo potuto prendermi gioco della follia omicida dei nazisti.
(Charlie Chaplin)

Se ora penso agli anni di allora, mi colpisce quanto poco ci fosse in realtà da vedere, quante poche immagini illustrassero la vita e la morte nei Lager. Conoscevamo di Auschwitz il portale con la sua scritta, i pancacci di legno a più piani, i mucchi di capelli, occhiali e valigie; di Birkenau l’entrata con la torre, i corpi laterali e il passaggio per i treni; e da Bergen-Belsen ci venivano le montagne di cadaveri trovate e fotografate dagli alleati al momento della liberazione. Conoscevamo alcune testimonianze di detenuti, ma molti libri apparvero subito dopo la guerra e vennero ristampati solo negli anni Ottanta, visto che nel frattempo non rientrarono nei programmi delle case editrici. Ora ci sono così tanti libri e film che il mondo dei Lager è ormai parte dell’immaginario collettivo che completa il mondo reale
(Bernhard Schlink)

Tutte le Dachau devono rimanere in piedi. Dachau, Belsen, Buchenwald, Auschwitz… tutte devono rimanere in piedi a testimonianza di quando alcuni uomini cercarono di trasformare la terra in un cimitero. Qui volevano seppellire la ragione, la logica, l’intelligenza, la coscienza. Nel preciso istante in cui dimenticheremo, in cui non saremo più perseguitati da questo spettro diventeremo dei becchini. Su tutto questo dobbiamo soffermarci con il ricordo. Non solo ai confini della realtà, ma ovunque il piede dell’uomo calpesti il suolo di Dio.
(Dal film Ai confini della realtà)

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Scritte, targhe commemorative ed epitaffi nel campo di concentramento di Dachau e Auschwitz

Quelli che non ricordano il passato sono condannati a ripeterlo.
(La frase si trova incisa in trenta lingue su un monumento nel campo di concentramento di Dachau)

Grido di disperazione ed ammonimento all’umanità sia per sempre questo luogo dove i nazisti uccisero circa un milione e mezzo di uomini, donne e bambini, principalmente ebrei, da vari paesi d’Europa. Auschwitz – Birkenau 1940-1945
(Epitaffio posto all’ingresso del campo di concentramento di Auschwitz)

Solo quando nel mondo a tutti gli uomini sarà riconosciuta la dignità umana, solo allora potrete dimenticarci.
(Lapide ad Auschwitz)

Visitatore, osserva le vestigia di questo campo e medita: da qualunque paese tu venga, tu non sei un estraneo. Fa che il tuo viaggio non sia stato inutile, che non sia stata inutile la nostra morte. Per te e per i tuoi figli, le ceneri di Oswiecim valgono di ammonimento: fa che il frutto orrendo dell’odio, di cui hai visto qui le tracce, non dia nuovo seme, né oggi né mai.
(Targa commemorativa al museo di Auschwitz – Birkenau)

“Se Dio esiste, dovrà chiedermi scusa”
(Scritta apparsa su un muro di Auschwitz)

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Frasi di Primo Levi sul lager e il campo di concentramento

Il Lager è la fame
(Primo Levi, Se questo è un uomo)

Avevamo deciso di trovarci, noi italiani, ogni domenica sera in un angolo del Lager; ma abbiamo subito smesso, perché era troppo triste contarci, e trovarci ogni volta più pochi, e più deformi, e più squallidi. Ed era così faticoso fare quei pochi passi: e poi, a ritrovarsi, accadeva di ricordare e di pensare, ed era meglio non farlo.
(Primo Levi, libro Se questo è un uomo)

In Lager, non vi sono criminali né pazzi: non criminali, perché non v’è legge morale a cui contravvenire, non pazzi, perché siamo determinati, e ogni nostra azione è, a tempo e luogo, sensibilmente l’unica possibile.
(Primo Levi, Se questo è un uomo)

L’ingresso in Lager era invece un urto per la sorpresa che portava con sé. Il mondo in cui ci si sentiva precipitati era sì terribile, ma anche indecifrabile: non era conforme ad alcun modello, il nemico era intorno ma anche dentro, il «noi» perdeva i suoi confini.
(Primo Levi, I sommersi e i salvati)

Se non altro per il fatto che un Auschwitz è esistito, nessuno dovrebbe ai nostri giorni parlare di Provvidenza: ma è certo che in quell’ora il ricordo dei salvamenti biblici nelle avversità estreme passò come un vento per tutti gli animi.
(Primo Levi, Se questo è un uomo)

Se dall’interno dei Lager un messaggio avesse potuto trapelare agli uomini liberi, sarebbe stato questo: fate di non subire nelle vostre case ciò che a noi viene inflitto qui.
(Primo Levi, Se questo è un uomo)

Nella storia e nella vita pare talvolta di discernere una legge feroce, che suona «a chi ha, sarà dato; a chi non ha, a quello sarà tolto». Nel Lager, dove l’uomo è solo e la lotta per la vita si riduce al suo meccanismo primordiale, la legge iniqua è apertamente in vigore, è riconosciuta da tutti.
(Primo Levi, Se questo è un uomo)

I Lager tedeschi costituiscono qualcosa di unico nella pur sanguinosa storia dell’umanità: all’antico scopo di eliminare o terrificare gli avversari politici, affiancavano uno scopo moderno e mostruoso, quello di cancellare dal mondo interi popoli e culture.
(Primo Levi, Se questo è un uomo)

La gran massa dei tedeschi ignorò sempre i particolari più atroci di quanto avvenne più tardi nei Lager: lo sterminio metodico e industrializzato sulla scala dei milioni, le camere a gas tossico, i forni crematori, l’abietto sfruttamento dei cadaveri, tutto questo non si doveva sapere, ed in effetti pochi lo seppero, fino alla fine della guerra. Per mantenere il segreto, fra le altre precauzioni, nel linguaggio ufficiale si usavano soltanto cauti e cinici eufemismi: non si scriveva «sterminio» ma «soluzione definitiva», non «deportazione» ma «trasferimento», non «uccisione col gas» ma «trattamento speciale», e così via.
(Primo Levi, Se questo è un uomo)

Questo non è un sanatorio. Questo è un Lager tedesco, si chiama Auschwitz, e non se ne esce che per il Camino. Se ti piace è così; se non ti piace, non hai che da andare a toccare il filo elettrico.
(Primo Levi, La tregua)

Auschwitz è fuori di noi, ma è intorno a noi, è nell’aria. La peste si è spenta, ma l’infezione serpeggia: sarebbe sciocco negarlo.
(Primo Levi, prefazione a Léon Poliakov, Auschwitz)

Che «il Gulag fu prima di Auschwitz» è vero; ma non si può dimenticare che gli scopi dei due inferni non erano gli stessi. Il primo era un massacro fra uguali; non si basava su un primato razziale; non divideva l’umanità in superuomini e sottouomini; il secondo si fondava su un’ideologia impregnata di razzismo. Se avesse prevalso, ci troveremmo oggi in un mondo spaccato in due, «noi» i signori da una parte, tutti gli altri al loro servizio o sterminati perché razzialmente inferiori.
(Primo Levi, La Stampa)

Devo dire che l’esperienza di Auschwitz è stata tale per me da spazzare qualsiasi resto di educazione religiosa che pure ho avuto. […] C’è Auschwitz, dunque non può esserci Dio. Non trovo una soluzione al dilemma. La cerco, ma non la trovo.
(Primo Levi

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Frasi di Viktor Frankl sui lager e i campi di concentramento

L’apatia e l’indifferenza d’animo s’impadroniscono del prigioniero, durante la sua permanenza nel Lager, facendo precipitare tutta la sua vita spirituale a un livello primitivo, rendendolo oggetto abulico del destino e dell’arbitrio delle sentinelle
(Viktor Frankl)

La maggioranza dei prigionieri è, comprensibilmente, tormentata da una sorta di complesso d’inferiorità. Ognuno di noi è stato, molto tempo fa, «qualcuno» o credeva almeno di essere qualcuno. Ora invece, qui, ci trattano letteralmente come se non esistessimo neppure.
(Viktor Frankl)

Nel Lager un giorno dura più che una settimana
(Viktor Frankl)

La maggior parte degli uomini nel Lager credeva di aver perso la capacità di autentiche realizzazioni, mentre queste dipendevano da ciò che uno sapeva fare della vita nel Lager: vegetare, come migliaia di internati, o invece, come i pochi, i rari, vincere interiormente.
(Viktor Frankl)

Chi non sa credere più nel futuro, nel suo futuro, in un campo di concentramento è perduto.
(Viktor Frankl)

In un modo o nell’altro – viene il giorno in cui ogni ex internato, ripensando alle esperienze del Lager, prova una strana sensazione. Egli stesso non comprende come ha potuto superare tutto ciò che la vita del Lager ha preteso da lui. E se vi fu nella sua vita un giorno – il giorno della liberazione – nel quale tutto gli apparve come un bel sogno, certamente arriva anche il giorno in cui tutto ciò che ha vissuto nel Lager gli appare come un brutto sogno. Quest’esperienza dell’uomo tornato a casa, sarà coronata dalla splendida sensazione che, dopo quanto ha sofferto, non deve temere più nulla al mondo – tranne il suo Dio.
(Viktor Frankl)

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Frasi e citazioni su Auschwitz

Tanto grande è il rischio di dimenticare, che occorrerebbe un anniversario di Auschwitz al giorno!
(Elisa Springer)

Entrare ad Auschwitz non è mai facile. Anche se sono passati 70 anni. Quando vedo da lontano la torretta, mi succede ogni volta, comincio a stare male. Ma vengo lo stesso ogni anno. Per non dimenticare. Poi, quando la visita finisce, ricomincio a respirare. E io posso tornare alla mia vita».
(Andra Bucci, sopravvissuta ad Auschwitz)

Ad Auschwitz
pile di occhiali
montagne di scarpe
sulla via del ritorno
ognuno fissava fuori dal finestrino in direzione diversa.
(Ko Un, di ritorno da una visita al campo di Auschwitz, 2001)

Si entra ad Auschwitz-Birkenau. Il dolore e l’assurdo ci colpiscono in pieno petto come una ventata gelida. Percorriamo il campo, le baracche, i forni crematori. Ascoltiamo le storie di alcuni sopravvissuti. L’aria è opprimente. Un nodo in gola ci stringe come volesse tagliarci. Alcune ore di sospensione. La guida ci saluta. La visita è finita.
Si esce da Auschwitz-Birkenau. È Auschwitz-Birkenau che non uscirà mai da chi ci è entrato.
(Fabrizio Caramagna)

Auschwitz-Birkenau. Solo quando sei dentro a quel campo, così grande e immenso, capisci cosa poteva essere un appello all’alba o in piena notte. In mezzo al freddo. In attesa di morire di stenti, malattie o uccisioni.
(Fabrizio Caramagna)

Auschwitz, il più grande e più letale dei campi di sterminio – con le sue grida, il suo sangue, il suo fumo acre, i suoi pianti e la sua disperazione, la brutalità dei carnefici – è stato spesso, e comprensibilmente, definito come l’inferno sulla terra. Ma fu, di questo inferno, solo l’ultimo girone, il più brutale e perverso. Un sistema infernale che ha potuto distruggere milioni di vite umane innocenti nel cuore della civiltà europea, soltanto perché, accanto al nefando pilastro dell’odio, era cresciuto quello dell’indifferenza.
(Sergio Mattarella)

Gli abitanti del pianeta Auschwitz non avevano nomi. Non avevano né genitori né figli. Non si vestivano come si veste la gente qui. Non erano nati lì né li concepivano. Respiravano secondo le leggi di un’altra natura e non vivevano né morivano secondo le leggi di questo mondo. Il loro nome era Ka-Tzenik e la loro identità era quella del numero tatuato nella carne dell’avambraccio sinistro.
(Testimonianza resa al processo Eichmann a Gerusalemme)

In un angolo del campo di concentramento, a un passo da dove si innalzavano gli infami forni crematori, nella ruvida superficie di una pietra, qualcuno, chi?, aveva inciso con l’aiuto di un coltello forse, o di un chiodo, la più drammatica delle proteste: “Io sono stato qui e nessuno racconterà la mia storia”.
(Luis Sepúlveda)

Auschwitz è patrimonio di tutti. Nessuno lo dimentichi, nessuno lo contesti. Auschwitz rimanga luogo di raccoglimento e di monito per le future generazioni.
(Marta Ascoli)

La domanda: Ditemi dove era Dio, ad Auschwitz. La risposta: E l’uomo dov’era?
(William Clarke Styron)

E a chi si deve credere dopo Auschwitz, se non a Dio? Se si dicesse “Dopo Auschwitz non si può più credere in Dio”, allora Hitler avrebbe annientato non solo il popolo ebraico, ma anche il Dio d’Israele: e che il Dio d’Israele rida di Hitler, io non lo credo proprio. Questa non è un’idea mia, ma del mio amico Emil Fackenheim, il quale dice che dopo Auschwitz bisogna credere in Dio, altrimenti si darebbe una vittoria postuma a Hitler.
(Jürgen Moltmann)

Scrivere una poesia dopo Auschwitz è un atto di barbarie.
(Theodor Adorno)

Dopo Auschwitz possiamo e dobbiamo affermare con estrema decisione che una Divinità onnipotente o è priva di bontà o è totalmente incomprensibile.
(Hans Jonas)

Forse è utile ricordare che Gesù era ebreo, e che ad Auschwitz migliaia di potenziali Gesù furono ferocemente assassinati.
(Norman Manea)

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Frasi e citazioni su Birkenau

A Birkenau il camino del Crematorio fuma da dieci giorni. Deve essere fatto posto per un enorme trasporto in arrivo dal ghetto di Posen. I giovani dicono ai giovani che saranno scelti tutti i vecchi. I sani dicono ai sani che saranno scelti solo i malati. Saranno esclusi gli specialisti. Saranno esclusi gli ebrei tedeschi. Saranno esclusi i Piccoli Numeri. Sarai scelto tu. Sarò escluso io.
(Primo Levi)

Ho sentito il fischio sinistro dei convogli in arrivo, ho visto buttati al vento in mezzo i binari di Birkenau carte, fotografie, nastri, scarpette, giocattoli, effetti personali degli ebrei portati alla camera a gas; ho sentito nelle narici l’odore indicibile del fumo delle ciminiere; ho superato sei selezioni per il forno crematorio; ho sofferto il freddo polare lungo la Vistola dove ci portavano a lavorare in condizioni disumane; ho affrontato il trasporto verso Bergen Belsen dove la morte mieteva a piene mani le nostre compagne, in preda alla fame, al tifo petecchiale, alla disperazione più nera.
Marta Ascoli)

Nel 1944, quando fummo deportati a Birkenau, ero una ragazza di quattordici anni, stupita dall’orrore e dalla cattiveria. Sprofondata nella solitudine, nel freddo e nella fame. Non capivo neanche dove mi avessero portato: nessuno allora sapeva di Auschwitz.
(Liliana Segre)