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Frasi Belle

Frasi, citazioni e aforismi sui partigiani

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In occasione del 25 aprile, Anniversario della liberazione d’Italia, presento una raccolta di frasi, citazioni e aforismi sui partigiani, con in fondo il testo della celebre canzone “Bella ciao”.

Tra i temi correlati si veda 25 aprile – Frasi, citazioni e aforismi sull’anniversario della liberazione, Frasi, citazioni e aforismi di Piero Calamandrei, Le frasi più belle di Sandro Pertini e Frasi, citazioni e aforismi contro il fascismo.

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Frasi, citazioni e aforismi sui partigiani

E pensò che forse un partigiano sarebbe stato come lui ritto sull’ultima collina, guardando la città e pensando lo stesso di lui e della sua notizia, la sera del giorno della sua morte. Ecco l’importante: che ne restasse sempre uno.
(Beppe Fenoglio, Il partigiano Johnny)

Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero perché lì è nata la nostra costituzione.
(Piero Calamandrei)

Sulla neve bianca bianca
c’è una macchia color vermiglio;
è il sangue, il sangue di mio figlio,
morto per la libertà.
Quando il sole la neve scioglie
un fiore rosso vedi spuntare:
o tu che passi, non lo strappare,
è il fiore della libertà.
Quando scesero i partigiani
a liberare le nostre case,
sui monti azzurri mio figlio rimase
a far la guardia alla libertà.
(Gianni Rodari, La madre del partigiano)

Io prego sempre per i partigiani. Tutte le sere dico una preghiera per i partigiani.
(Beppe Fenoglio, Il partigiano Johnny)

Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.
(Antonio Gramsci)

Sempre sulle lapidi, a me basterà il mio nome, le due date che sole contano, e la qualifica di scrittore e partigiano. Mi pare di aver fatto meglio questo che quello. E non ci sarà pericolo che il vento spezzi la mia lapide, perché giacerò nel basso e bene protetto cimitero di Alba.
(Beppe Fenoglio)

Cari ragazzi, io a 17 anni e un mese con i partigiani ho visto nascere la democrazia, ora che sono vecchio devo vederla morire? La speranza siete voi, restiamo umani!
(Don Andrea Gallo)

I fascisti han capito,
se non son proprio tonti,
che siamo arrivati
alla resa dei conti!
Scendiamo giù dai monti
a colpi di fucile!
Evviva i Partigiani!
E’ festa d’Aprile!
(Canto Partigiano, inizi aprile 1945)

Quando si dice che la guerra partigiana si distingue da tutte le altre guerre perché fu una guerra fatta interamente da volontari, si dice giusto, ma non si dice tutto. Essa fu qualcosa di più: un’adunata spontanea e collettiva: un movimento di popolo, una iniziativa di popolo
(Piero Calamandrei)

In queste celebrazioni che noi facciamo della Resistenza, di fatti e di figure di quel tempo, noi ci illudiamo di essere qui, vivi, che celebriamo i morti. E non ci accorgiamo che sono loro, i morti, che ci convocano qui, come dinanzi a un tribunale invisibile, a render conto di quello che in questi dieci anni possiamo aver fatto per non essere indegni di loro, noi vivi.
(Piero Calamandrei)

Il compito degli uomini della Resistenza non è finito. Bisogna che essa sia ancora in piedi.
(Piero Calamandrei)

Le dittature si presentano apparentemente più ordinate, nessun clamore si leva da esse. Ma è l’ordine delle galere e il silenzio dei cimiteri.
(Sandro Pertini)

La battaglia finale contro la Germania hitleriana volge a passi rapidi e sicuri verso il trionfo definitivo delle potenze alleate dei popoli democratici. La cricca hitleriana e fascista sente venire la propria fine e vuol trascinare nella rovina estrema le ultime forze che le restano e, con esse, il popolo e la nazione. È una lotta inutile ormai per i nazifascisti, è un suicidio collettivo. Una sola via di scampo e di salvezza resta ancora a quanti hanno tradito la patria, servito i tedeschi, sostenuto il fascismo: abbassare le armi, consegnarle alle formazioni patriottiche, arrendersi al Comitato di liberazione nazionale.
Arrendersi o perire!
(Ultimatum del CLNAI alle forze armate e ai funzionari della Germania nazista e della RSI, 19 aprile 1945)

C’è una campagna di denigrazione della Resistenza: diretta dall’alto, coltivata dal cortigiano. Il loro gioco preferito è quello dei morti, l’uso dei morti: abolire la festa del 25 aprile e sostituirla con una che metta sullo stesso piano partigiani e combattenti di Salò.
(Giorgio Bocca)

Alba la presero in duemila il 10 ottobre e la persero in duecento il 2 novembre dell’anno 1944.
Ai primi d’ottobre, il presidio repubblicano, sentendosi mancare il fiato per la stretta che gli davano i partigiani dalle colline (non dormivano da settimane, tutte le notti quelli scendevano a far bordello con le armi, erano esauriti gli stessi borghesi che pure non lasciavano più il letto), il presidio fece dire dai preti ai partigiani che sgomberava, solo che i partigiani gli garantissero l’incolumità dell’esodo. I partigiani garantirono e la mattina del 10 ottobre il presidio sgomberò.
(Beppe Fenoglio, Incipit del racconto I ventitré giorni della città di Alba)

Pierre bestemmiò per la prima ed ultima volta in vita sua. Si alzò intero e diede il segno della ritirata. Altri camion apparivano in serie dalla curva, ancora qualche colpo sperso di mortaio, i partigiani evacuavano la montagnola lenti e come intontiti, sordi agli urli di Pierre. Dalle case non sparavano più, tanto erano contenti e soddisfatti della liberazione. Johnny si alzò col fucile di Tarzan ed il semiautomatico… Due mesi dopo la guerra era finita.
(Beppe Fenoglio, Il partigiano Johnny)

L’8 settembre, quando cominciò spontaneo e non ordinato da qualcuno questo accorrere di uomini liberi verso la montagna, avvenne qualcosa di misterioso che a ripensarlo oggi sembra un miracolo di cui si stenta a trovare una spiegazione umana. Nessuno aveva ordinato l’adunata: questi uomini accorsero da tutte le parti e si cercarono e si adunarono da sé. […] Quella chiamata fu anonima, non venne dal di fuori: era la chiamata di una voce diffusa come l’aria che si respirava, che si svegliava da sé in ogni cuore, nei più generosi e nei più pigri, un’ispirazione che sussurrava dentro: «Se sei un uomo, se hai dignità d’uomo, questa è l’ora!»
(Piero Calamandrei)

Quando io considero questo misterioso e miracoloso moto di popolo, questo volontario accorrere di gente umile, fino a quel giorno inerme e pacifica, che in una improvvisa illuminazione sentì che era giunto il momento di darsi alla macchia, di prendere il fucile, di ritrovarsi in montagna per combattere contro il terrore, mi vien fatto di pensare a certi inesplicabili ritmi della vita cosmica, ai segreti comandi celesti che regolano i fenomeni collettivi, come le gemme degli alberi che spuntano lo stesso giorno, come certe piante subacquee che in tutti i laghi di una regione alpina affiorano nello stesso giorno alla superficie per guardare il cielo primaverile, come le rondini di un continente che lo stesso giorno s’accorgono che è giunta l’ora di mettersi in viaggio. Era giunta l’ora di resistere; era giunta l’ora di essere uomini: di morire da uomini per vivere da uomini.
(Piero Calamandrei)

I ragazzi delle scuole imparano chi fu Muzio Scevola o Orazio Coclite, ma non sanno chi furono i fratelli Cervi. Non sanno chi fu quel giovanetto della Lunigiana che, crocifisso ad una pianta perché non voleva rivelare i nomi dei compagni, rispose: «Li conoscerete quando verranno a vendicarmi», e altro non disse. Non sanno chi fu quel vecchio contadino che, vedendo dal suo campo i tedeschi che si preparavano a fucilare un gruppo di giovani partigiani trovati nascosti in un fienile, lasciò la sua vanga tra le zolle e si fece avanti dicendo: «Sono io che li ho nascosti (e non era vero), fucilate me che sono vecchio e lasciate la vita a questi ragazzi». Non sanno come si chiama colui che, imprigionato, temendo di non resistere alle torture, si tagliò con una lametta da rasoio le corde vocali per non parlare. E non parlò. Non sanno come si chiama quell’adolescente che, condannato alla fucilazione, si rivolse all’improvviso verso uno dei soldati tedeschi che stavano per fucilarlo, lo baciò sorridente dicendogli: «Muoio anche per te… viva la Germania libera!».
(Piero Calamandrei)

“Hanno portato via gli ebrei e non ho detto nulla perché non ero ebreo;/ poi hanno portato via i comunisti e non ho detto nulla perché non ero comunista;/ poi hanno portato via i sindacalisti e non ho detto nulla perché non ero un sindacalista:/ poi hanno portato via me, e non c’era più nessuno che potesse dire qualcosa”. “Resistenza” significa questo: fare in modo che ci sia qualcuno che può ancora dire qualcosa. È questo il valore profondo del 25 Aprile: chi allora ha scelto la “montagna”, chi ha resistito con le armi o senza le armi, ha testimoniato un modello di valori diverso da quello imposto, ha fatto in modo che ci fosse ancora qualcuno in grado di dire qualcosa.
(Gianni Oliva)

Brillano ancora gli occhi a Mirella Alloisio, all’epoca Rossella, responsabile della segreteria operativa clandestina del CLN Liguria, quando ricorda l’atto conclusivo dell’autoliberazione di Genova: “Quella sera del 25 aprile 1945 a Villa Migone, residenza del cardinale Boetto, il generale Gunther Meinhold fu costretto a frmare l’atto di resa davanti all’operaio Remo Scappini, nostro presidente, la cui moglie Rina, incinta, era stata seviziata dai nazifascisti fino a farle perdere il bambino. Quel foglio di carta rimane un documento storico. Al punto 2 imponeva che le truppe tedesche consegnassero le armi nelle mani dei partigiani. C’era scritto proprio così: partigiani. Solo l’indomani entrarono nella città gli americani e rimasero stupefatti: ‘A wonderful job’. La mattina del 26 aprile Paolo Emilio Taviani, a nome del CLN, poteva annunciarlo via radio:’ Per la prima volta nella storia di questa guerra un corpo d’esercito si è arreso a un popolo’.
(Noi partigiani: memoriale della Resistenza italiana – Autori vari a cura di Gad Lerner)

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Testo della canzone “Bella ciao” dei partigiani

Una mattina mi son svegliato
o bella ciao bella ciao bella ciao, ciao, ciao
una mattina mi son svegliato
e ho trovato l’invasor.

O partigiano portami via
o bella ciao bella ciao bella ciao, ciao, ciao
o partigiano portami via
che mi sento di morir.

E se io muoio da partigiano
o bella ciao bella ciao bella ciao, ciao, ciao
e se io muoio da partigiano
tu mi devi seppellir.

Seppellire lassù in montagna
o bella ciao bella ciao bella ciao, ciao, ciao
seppellire lassù in montagna
sotto l’ombra di un bel fior.

E le genti che passeranno
o bella ciao bella ciao bella ciao, ciao, ciao
e le genti che passeranno
mi diranno che bel fior.

E questo è il fiore del partigiano
o bella ciao bella ciao bella ciao, ciao, ciao
e questo è il fiore del partigiano
morto per la libertà.