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Il primo presepe venne realizzato da San Francesco d’Assisi durante il giorno di Natale del 1223, nei pressi di un bosco, in una grotta, del piccolo paese di Greccio (vicino Rieti).

Partendo da Greccio, il presepe divenne poi una tradizione popolare che si allargò in maniera capillare in tutta l’Italia centrale.

Le poesie sul Presepe (o Presepio) sono moltissime. Qui di seguito riporto una selezione di 16 poesie sul Presepe, scritte da poeti di tutto il mondo, da Salvatore Quasimodo a Boris Pasternak, da Gianni Rodari a Miquel Martí i Pol. Tra i temi correlati Frasi, aforismi e battute divertenti sul Presepe e Le più belle poesie sul Natale.

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16 poesie sul Presepe

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Salvatore Quasimodo, Il Presepe

Natale. Guardo il presepe scolpito,
dove sono i pastori appena giunti
alla povera stalla di Betlemme.
Anche i Re Magi nelle lunghe vesti
salutano il potente Re del mondo.

Pace nella finzione e nel silenzio
delle figure di legno: ecco i vecchi
del villaggio e la stella che risplende,
e l’asinello di colore azzurro.

Pace nel cuore di Cristo in eterno;
ma non v’è pace nel cuore dell’uomo.
Anche con Cristo e sono venti secoli
il fratello si scaglia sul fratello.
Ma c’è chi ascolta il pianto del bambino
che morirà poi in croce fra due ladri?

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Trilussa, Er Presepio

Ve ringrazio de core, brava gente,
pé ‘sti presepi che me preparate,
ma che li fate a fa? Si poi v’odiate,
si de st’amore non capite gnente…

Pé st’amore sò nato e ce sò morto,
da secoli lo spargo dalla croce,
ma la parola mia pare ‘na voce
sperduta ner deserto, senza ascolto.

La gente fa er presepe e nun me sente;
cerca sempre de fallo più sfarzoso,
però cià er core freddo e indifferente
e nun capisce che senza l’amore
è cianfrusaja che nun cià valore.

Fabrizio Caramagna, Presepe a Natale

Natale. Per la prima volta l’anno si ferma
dopo tanto correre
e ogni cosa sembra obbedire
a una legge segreta di generosità
e non ci sono più smagliature
e strappi tra gli uomini.
Domani torneranno le spine dei giorni
ma oggi mi siedo a guardare il presepe
e cerco di imparare il respiro sereno del pastore
e del bue e dell’asinello.

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Gianni Rodari, Il pellerossa nel presepe

Il pellerossa con le piume in testa
e con l’ascia di guerra in pugno stretta,
com’è finito tra le statuine
del presepe, pastori e pecorine,
e l’asinello, e i maghi sul cammello,
e le stelle ben disposte,
e la vecchina delle caldarroste?
Non è il tuo posto, via! Toro seduto:
torna presto di dove sei venuto.
Ma l’indiano non sente. O fa l’indiano.
Ce lo lasciamo, dite, fa lo stesso?
O darà noia agli angeli di gesso?
Forse è venuto fin qua,
ha fatto tanto viaggio,
perché ha sentito il messaggio:
pace agli uomini di buona volontà.

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Giovanni Tesio, Il Presepio

Tutti sono presi dalla vita
e il bambino ne indica la meta.

Il senso del presepio è tutto qua:
la vita, e un grumo di felicità

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Boris Pasternak, La stella di Natale (tratta dal romanzo Il dottor Živago)

Era pieno inverno.
Soffiava il vento della steppa.
E aveva freddo il neonato nella grotta
Sul pendio della collina.

L’alito del bue lo riscaldava.
Animali domestici
stavano nella grotta,
sulla culla vagava un tiepido vapore.

Scossi dalle pelli le paglie del giaciglio
e i grani di miglio,
dalle rupi guardavano
assonnati i pastori gli spazi della mezzanotte.

Lontano, la pianura sotto la neve, e il cimitero
e recinti e pietre tombali
e stanghe di carri confitte nella neve,
e sul cimitero il cielo tutto stellato.

E lì accanto, mai vista sino allora,
più modesta d’un lucignolo
alla finestrella d’un capanno,
traluceva una stella sulla strada di Betlemme.

Per quella stessa via, per le stesse contrade
degli angeli andavano, mescolati alla folla.
L’incorporeità li rendeva invisibili,
ma a ogni passo lasciavano l’impronta d’un piede.

Una folla di popolo si accalcava presso la rupe.
Albeggiava. Apparivano i tronchi dei cedri.
E a loro, “chi siete? ” domandò Maria.
“Noi, stirpe di pastori e inviati del cielo,
siamo venuti a cantare lodi a voi due”.
“Non si può, tutti insieme. Aspettate alla soglia”.

Nella foschia di cenere, che precede il mattino,
battevano i piedi mulattieri e allevatori.
Gli appiedati imprecavano contro quelli a cavallo;
e accanto al tronco cavo dell’abbeverata
mugliavano i cammelli, scalciavano gli asini.

Albeggiava. Dalla volta celeste l’alba spazzava,
come granelli di cenere, le ultime stelle.
E della innumerevole folla solo i Magi
Maria lasciò entrare nell’apertura rocciosa.

Lui dormiva, splendente, in una mangiatoia di quercia,
come un raggio di luna dentro un albero cavo.
Invece di calde pelli di pecora,
le labbra d’un asino e le nari d’un bue.

I Magi, nell’ombra, in quel buio di stalla
Sussurravano, trovando a stento le parole.
A un tratto qualcuno, nell’oscurità,
con una mano scostò un poco a sinistra
dalla mangiatoia uno dei tre Magi;
e quello si voltò: dalla soglia, come in visita,
alla Vergine guardava la stella di Natale.

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Miquel Martí i Pol, Natale

Abbiamo costruito il presepe in un angolo
della sala da pranzo, su un vecchio tavolo,
lo stesso presepe di ogni anno
con l’asino e il bue e il bambino
i Re magi e la stella.

Abbiamo tracciato innumerevoli sentieri,
tutti diretti alla grotta,
in corrispondenza di vecchi pellegrini
– tutti noi – attenti all’austero percorso della prova.

E nella notte del mistero abbiamo cantato
gli antichi canti
dell’asino e del bue del bambino e dei Re Magi e della stella.

E abbiamo offerto la notte con gli occhi e le mani.
E cantavamo a voce bassa, con la vergogna forse di saperci fratelli
del bambino e di tutti nella notte della grande meraviglia.

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Guido Gozzano, È nato, alleluia alleluia

È nato il sovrano bambino
la notte che già fu sì buia
risplende di un astro divino
orsù cornamuse, più gaie
sonate, squillate campane
venite pastori e massaie
oh genti vicine e lontane
per quattro mill’anni s’attese
quest’ora su tutte le ore
è nato, è nato il Signore
è nato nel nostro paese
la notte che già fu sì buia
risplende di un astro divino
è nato il sovrano bambino
è nato, alleluia alleluia.

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Marino Moretti, Il vecchio Natale

Mentre la neve fa, sopra la siepe,
un bel merletto e la campana suona
Natale bussa a tutti gli usci e dona
ad ogni bimbo un piccolo presepe.
Ed alle buone mamme reca i forti
virgulti che orneran furtivamente
d’ogni piccola cosa rilucente
ninnoli, nastri, sfere, ceri attorti.
A tutti il vecchio dalla barba bianca
porta qualcosa; qualche bella cosa
e cammina e cammina senza posa
e cammina e cammina e non si stanca.
E dopo aver tanto camminato
nel giorno bianco e nella notte azzurra
canta le dodici ore che sussurra
la notte, e dice al mondo : “E’ nato!”

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Gabriele D’Annunzio, Il Presepio

A Ceppo si faceva un presepino
con la sua brava stella inargentata,
coi Magi, coi pastori, per benino
e la campagna tutta infarinata.
La sera io recitavo un sermoncino
con una voce da messa cantata,
e per quel mio garbetto birichino
buscavo baci e pezzi di schiacciata.
Poi verso tardi tu m’accompagnavi
alla nonna con dir: “Stanotte L’Angelo
ti porterà chi sa che bei regali!”.
E mentre i sogni m’arridean soavi,
tu piano, piano mi venivi a mettere
confetti e soldarelli fra’ i guanciali.

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Rocco Scotellaro, I pezzenti

È bello fare i pezzenti a Natale
perché i ricchi allora sono buoni;
è bello il presepio a Natale
che tiene l’agnello
in mezzo ai leoni.

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Marcello Camillucci, 25 dicembre

Al presepe, ogni anno, manca il personaggio.
Lo sanno tutti i presenti, anche la stella…
Quel vuoto non sai proprio come colmarlo
e allora, umiliato, dopo aver atteso il freddo,
all’ultimo rintocco della mezzanotte, ti stendi
su la paglia, fra l’asino e il bue, quieto.

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Graziella Ajmone, Il presepio di Grecia

Salgono i frati, vien dalla vallata
la buona gente nella notte fonda.
Fiaccole e lumi segnano i sentieri
e l’aria è immota sotto lo stellato.
Culla la valle suono di campane.
Lieve è il cammino; vanno i passeggeri
recando ognuno un cuore di bambino
colmo d’attesa; van come i pastori
verso il Presepio e intorno è tanta pace.

Ecco la grotta, ecco sospesa,
brilla la stella! Gli occhi desiosi
guardan la greppia, il bue e l’asinello,
guardan l’Altare; poi ciascuno sogna
il sogno di Francesco poverello.
Ma il Santo vede: vede il Dio Bambino
piccolo e bianco nella mangiatoia.
Si china; ascolta il tenero vagito,
gli fa cuna d’amore tra le braccia
sopra il suo saio povero e sdrucito
e il cuor divino batte sul suo cuore.

Angeli scendon lungo vie di stelle;
un cielo d’indicibile splendore
s’incurva sul presepe; a tratti sale
un dondolio lontano di campane.
Vive ciascuno il sogno di Natale.

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Giovanni Pascoli, In Oriente (canto III e IV)

E un canto invase allora i cieli: Pace
sopra la terra! E i fuochi quasi spenti
arsero, e desta scintillò la brace,

come per improvviso ala di venti
silenzïosi, e si sentì nei cieli
come il soffio di due grandi battenti.

Erano in alto nubi, pari a steli
di giglio, sopra Betlehem: già pronti
erano, in piedi, attoniti ed aneli,

i pastori guardando di sui monti,
e chi presso le tombe, onde una voce
uscìa di culla, e chi presso le fonti,

onde un tumulto scaturìa di foce:
e un angelo era, con le braccia stese,
tra loro, come un’alta esile croce,

bianca; e diceva: “Gioia con voi! Scese
Dio su la terra„. Ed a ciascuno il cuore
sobbalzò verso il bianco angelo, e prese

via per vedere il Grande che non muore,
come l’agnello che pur va carponi;
il Dio che vive tutto in sé, pastore
di taciturne castellazïoni.

Mossero: e Betlehem, sotto l’osanna
de’ cieli ed il fiorir dell’infinito,
dormiva. E videro, ecco, una capanna.

Ed ai pastori l’accennò col dito
un angelo: una stalla umile e nera,
donde gemeva un filo di vagito.

E d’un figlio dell’uomo era, ma era
quale d’agnello. Esso giacea nel fieno
del presepe, e sua madre, una straniera,

sopra la paglia. Era il suo primo, e il seno
le apriva; e non aveva ella né due
assi: all’albergo alcun le disse: È pieno.

Nella capanna povera le sue
lagrime sorridea sopra il suo nato,
su cui fiatava un asino ed un bue.

— Noi cercavamo Quei che vive… — entrato
disse Maath. Ed ella con un pio
dubbio: Il mio figlio vive per quel fiato…

— Quei che non muore… — E ella: Il figlio mio
morrà (disse, e piangeva su l’agnello
suo tremebondo) in una croce… — Dio… —

Rispose all’uomo l’Universo: È quello!

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Giorgio Caproni, Dinanzi al Bambin Gesù pensando ai troppi innocenti che nascono derelitti, nel mondo

Nel gelo del disamore…
senza asinello né bue…
Quanti, con le stesse sue
fragili membra, quanti
suoi simili, in tremore,
nascono ogni giorno in questa
Terra guasta!…

Soli
e indifesi, non basta
a salvarli il candore
del sorriso.

La Bestia
è spietata. Spietato
l’Erode ch’è in tutti noi.

Vedi tu, che puoi
avere ascolto. Vedi
almeno tu, in nome
del piccolo Salvatore
cui, così ardentemente, credi
d’invocare per loro
un grano di carità.

A che mai serve il pianto
– posticcio – del poeta?

Meno che a nulla. È soltanto
fatuo orpello. È viltà

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Iosif Brodskij, Immagina, col fiammifero acceso, quella sera, la grotta

Immagina, col fiammifero acceso, quella sera, la grotta,
e per sentire freddo ricorri alle fessure del piancito,
bastano le stoviglie per provare la fame,
quanto al deserto, è ovunque, in ogni dove.

Immagina, col fiammifero acceso, la grotta
a mezzanotte, il falò, silhouette di oggetti
e di animali, e, il viso nelle pieghe di un telo stazzonato,
anche Maria, Giuseppe e il Bimbo infagottato.

Immagina tre re, le carovane prossime alla grotta,
anzi tre raggi diretti su una stella,
cigolìo di carriaggi, sonagli tintinnanti
(quel bimbo non si è ancora guadagnato

rintocchi di campane nel turchino addensato).
Immagina che per la prima volta, di là dal buio
di uno spazio infinito, Dio ravvisi se stesso nel Figlio
fatto Uomo: un senzatetto in un altro negletto.