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Nella sezione Scrittori di aforismi su Twitter l’articolo di oggi è dedicato a @emicragn (IoParloDaSolo). Nella breve nota biografica che mi ha inviato, l’autore dice di sé: “Come scrivo in due miei tweet ‘Io a me non ci rinuncio’ e ‘Il mio modo di essere è mio e me lo tengo’, molti dei miei pensieri sono quasi sempre rivolti a quell’io che si rimprovera, si elogia, si mortifica, si parla. Mi parlo e spesso mi do anche delle risposte (che se siano giuste o no chi lo sa). Sono stati d’animo sotto forma di parole e, siano essi mancanze, gioie o anche frustrazioni, sono sempre discorsi tra me e la voglia di vivere che ho”.
@emicragn si è iscritto a Twitter nel luglio 2009. “Twitter è stato da subito il mio luogo, mi sono iscritto per provare se fosse veramente utile e ho finito per perdermi: ‘Twitter non mi lascia uscire’ scrivo in un tweet. Questo, grazie alle persone che ho seguito (chi aveva torto, chi ragione, chi mi piaceva) e che hanno contribuito con le loro parole alla mia crescita interiore al punto che dopo due anni, all’improvviso, mi sono ritrovato a scrivere quest’altro tweet: ‘Ora diglielo tu alle parole che fai finta di credergli'”. E a proposito della scelta del suo account, l’autore spiega: “Emicragn è solo l’unione del mio nome Emiliano e del soprannome Cragnotti (come quello del Presidente della Lazio) che mi hanno messo quando ero piccolo e che ha assonanze con il cognome “Cagnoni”. A me non piace assolutamente il calcio e, oltre ad avere un soprannome calcistico, per dispetto mi ritrovo pure un figlio calciatore”.
In un suo tweet @emicragn scrive: “Non voglio diventar grande. Voglio continuare a chiedere perché, a tutto”. Ed è proprio questa meraviglia tipica dei bambini, piena di domande e dubbi e possibilità che caratterizza la scrittura dell’autore, il quale ama vivere di incoerenza (“Usatela voi la mia coerenza che a me non serve”), di sogni (“È tutto così piccolo e insignificante se non sai sognare”) e di squilibri (“Do sogni di squilibrio”).
In tutta la scrittura di @emicragn c’è proprio questa sorta di desiderio d’evasione (“Vieni con me che me n’evado”), questa voglia di uscire dagli schemi e dalle conclusioni del mondo (“Tirate pure le conclusioni ma fate attenzione a non prendermi”), questa pulsione a stare lontano dalla superficialità e dalla cattiveria della massa (“Si vive d’istanti, dagli stronzi”). In attesa di trovare il senso e la ragione delle cose (“Tu trovami il senso, io provo a cercare la ragione”), l’autore è ancora lì che si chiede cosa farà dopo le medie (“Sono rimasto a chiedermi cosa farò dopo le Medie”) e vive negli istanti e nel mentre (“Sono un malato di mentre”), tra gli abbracci mancati (“- La cosa più preziosa che hai perso? – Gli abbracci non dati”) di un passato lontano e l’attesa di un avvenire che tarda ad arrivare (“Ce lo avete da prestarmi un avvenire che mi incanti?”)
Quello che @emicragn ci insegna è la leggerezza di esistere, la capacità di fermarsi anche alle apparenze (“Mi fermo spesso dove le apparenze ingannano. E mi trovo benissimo”) e quel magico disincanto – in un mondo che aspetta sempre il treno giusto – di sedersi su una panchina e guardare tutti i treni scorrere davanti ai propri occhi (“Perché prendere il primo treno che passa quando puoi sederti e guardarteli tutti”). Treni che forse vanno verso quel confine che solo i bambini riescono ancora a vedere, perché gli adulti – come ci dice l’autore – hanno perso la capacità di volare e immaginare: “Il confine per i bambini si trova là, dove tu già non puoi più vedere”.
Presento una raccolta dei migliori tweet di @emicragn.
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@emicragn, Tweet scelti
Si vive d’istanti, dagli stronzi.
Chi impara a leggerti, capisce anche i tuoi stati d’animo.
Io mi presto a tutto, poi però mi rivoglio.
Il posto più bello è sicuramente se ci sei.
Non voglio diventar grande. Voglio continuare a chiedere perché, a tutto.
Cercami ovunque. Sono a pezzi.
Sono un malato di mentre.
– La cosa più preziosa che hai perso?
– Gli abbracci non dati.
Sarò pure un bambino io ma se ti vedo senza sorriso, prendo un colore e te lo disegno.
Impara a dimenticare, perché non c’è chi dimentica per te.
Ti ricordi di quando i ricordi non erano ricordi e li stavamo vivendo?
Che bei ricordi.
Ci vogliono troppe parole per spiegare il silenzio.
Che poi, a guardare altrove non ci vuole mica tanto, basta voltarsi.
La solitudine è quel posto che solo tu sai quando.
Il tempo non cancella proprio un bel niente.
Non è abituato a scrivere con la matita.
Mi fermo spesso dove le apparenze ingannano. E mi trovo benissimo.
Perché prendere il primo treno che passa quando puoi sederti e guardarteli tutti.
Tra il dire e il fare c’è di mezzo il pigiama.
Usatela voi la mia coerenza che a me non serve.
Certi sogni ti tengono sveglio.
Tutta la notte.
Il bello di quando hai tutto ma ti manca quello che non è mai esistito.
Era meglio quando si mangiavano libri di cibernetica, insalate di matematica e Banderas faceva film per Almodovar.
Rilassati.
Andrà tutto come non desideri.
Come quando fuori muori.
Di te, mi piace il tempo che perdo a pensarti.
Sono rimasto a chiedermi cosa farò dopo le Medie.
E’ amore perché io ho paura.
La sera leoni, la mattina levati dai coglioni.
-Uh! Sono inciampato nei tuoi limiti.
“Son cose che succedono” in realtà è l’ultima frase del cazzo che mi vorrei sentir dire appena succede una cosa che non doveva succedere.
Grazie per l’aiuto ma so barare a me stesso.
Le emozioni avvolte, non si vedono.
La potenza degli occhi mentre immaginano e’ disarmante.
Belli sono gli occhi che guardano al futuro.
Com’erano i tuoi da bambino.
Ci vorrebbe una musica adatta per questo sconcerto.
Questa cosa che ho freddo, tremo, tu dove cazzo stai, deve finire.
-Papa’ ho trovato l’acqua!
-Bravo, continua a scavare, quando trovi il vino vengo a vedere.
È tutto così piccolo e insignificante se non sai sognare.
Mi incarto ma non mi regalo.
Solleviamo pensieri in aria e non abbiamo le ali per raggiungerli.
Non c’è posto più sicuro di un ricordo che non hai perso.
Esprimi un desiderio e sarà esaurito.
– Gente che gli dai un dito, si prende il cuore.
Avresti dovuto lasciare più spazio libero nella tua mente, prima di farmi entrare.
La felicità. Se non la trovi, risintonizza il tuo decoder.
Pensi di aver capito tutto, poi alla fine, pensi.
Sento anche il tono di quello che vedo.
-Vorrei essere io quel posto dove vorresti essere.
-Tirate pure le conclusioni ma fate attenzione a non prendermi.
Tutti hanno diritto di trasformare la propria infermità mentale in farfalle.
Spesso ci giriamo dall’altra parte, mentre dall’altra parte, avrebbero voluto solo un abbraccio.
Do sogni di squilibrio.
Chissà se ce l’ha una cazzo di casa quest’ansia.
-Scusi per la realtà manca molto?
-Moltissimo, deve oltrepassare il limite ed arrivare dall’altro lato dei giudizi tra la stima e la verità.
E’ importante anche quello strato di polvere sopra quei ricordi.
-No, non ti preoccupare, non fa niente, me ne farò una prigione.
Con i silenzi si fanno giochi di parole che ad ascoltarli quasi ne senti il grido.
Tieniti pronto per un altro salto nel vuoto.
Non essere mai nessun altro.
Chiunque tu sia.
Ho incontrato la realtà ma era solo frutto della mia fantasia.
-Sai quanto costa un pezzetto di realtà?
-Tutti i soldi che spenderesti per avere abbastanza illusioni.
Dammi il tempo di una delusione e arrivo.
Incontri che ti cambiano la vita che è meglio che non incontri.
Tu trovami il senso, io provo a cercare la ragione.
In questo gioco non rompetemi il cazzo.
Mi è rimasta solo l’ultima vita.
Accumulo paranoie e le tramuto in aspettative.
Non ti voltare se hai deciso di lasciarmi dietro.
-Io mi fermo, tu però tienimi il tempo.
-Dai siediti, voglio sentire dalla tua voce come si guarisce dall’improvviso.
-Cosa hai in mente da prestarmi?
-Il passato, una felpa con il cappuccio e quel mare lì.
-Sediamoci.
Non avete trovato ancora nessuna cura per il soffro al cuore.
Calma, mettiamoci comodi, venti gocce.
Sediamoci.
Troppi cambi d’animo e pochi camerini.
Una montagna da scalare e la uso per farmi ombra.
Non ne avrei fatto niente di quel niente se quel niente per te fosse stato niente per davvero.
Senza di te, un filo e un aquilone senza vento.
Troppo impegnati a cercare il fondo e poi perdiamo la superficie.
I vicoli ciechi non portano da nessuna parte.
Ne vedi subito la fine.
-Guarda bene. Forse ti ho lasciato gli occhi addosso, non me li ritrovo.
Il confine per i bambini si trova là, dove tu già non puoi più vedere.
Forse non è ovunque il luogo che cerchi, ma accanto.
Fai quello che ti pare, ma non diventare la mia delusione peggiore.
Quante paia di ali ci vogliono per sorvolare i tuoi pensieri?
Non c’è nessun dubbio.
Solo assilli mentali.
-Non fidatevi di me. Fidatevi.
Chissà cosa gli dice la testa al cervello quando non ci sono.
Sapessi fingere non saprei essere.
No fiori ma solo pulsanti con posponi.
Ce lo avete da prestarmi un avvenire che mi incanti?
E’ un vero desiderio quando svanisce e non si avvera.
E’ che a viaggiare negli occhi ho paura di perdermi tra pensieri e desideri, senza riuscire a vederne il colore.
Vorrei che il prossimo temporale fossimo io e te.
Vieni con me che me n’evado.