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Chi è Simone Vagnozzi, il coach di Jannik Sinner

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Simone Vagnozzi, nato ad Ascoli Piceno il 30 maggio 1983, è, insieme all’australiano Darren Cahil, l’allenatore di Jannik Sinner, dal 2022.

Carriera da giocatore

A livello tennistico la carriera di Simone Vagnozzi si è espressa soprattutto a livello Challenger. Il suo miglior piazzamento nel ranking ATP è il 161esimo posto raggiunto il 7 novembre 2011 e la 74esima posizione in doppio Il 4 aprile 2011. Ha vinto anche un torneo ATP, vincendo in doppio, insieme ad Andreas Seppi, nella finale ATP 250 di Bastad (18 luglio 2010) contro la coppia Robert Lindstedt (svedese) e Horia Tecău (romeno).

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Carriera da allenatore

Verso la fine del 2016 Simone Vagnozzi diventa allenatore di Marco Cecchinato, che sotto la sua guida passa dalla 180esima alla 16esima posizione del ranking ATP, arrivando in semifinale al Roland Garros e aggiudicandosi 3 titoli ATP (Budapest, Umago e Buenos Aires). La crisi di risultati del 2019 lo porta alla separazione da Cecchinato: “Non riuscivamo a darci più stimoli l’un l’altro, Marco e io ci siamo separati consensualmente, ci siamo abbracciati alla fine perché abbiamo fatto insieme un bellissimo percorso“, spiega Simone Vagnozzi in una intervista a Ubitennis.

Nello stesso anno Simone Vagnozzi passa alla guida tecnica di Stefano Travaglia che entra per la prima volta nella top 100 e nel febbraio 2021 raggiunge il 60º posto della classifica ATP (per gli amanti delle coincidenze clamorose, Stefano Travaglia ha centrato la sua prima finale nel circuito proprio in Australia, guarda caso a Melbourne, persa curiosamente contro Sinner). Dopo un periodo di risultati negativi, a maggio viene annunciata la fine della collaborazione con Travaglia.

Il 18 febbraio 2022 Simone Vagnozzi diventa il coach di Jannik Sinner (sostituendo Riccardo Piatti), e nel giugno successivo viene affiancato da Darren Cahill. Sotto la sua guida l’altoatesino riesce ad aggiudicarsi il suo primo titolo Slam agli Australian Open e diventa numero 2 nel ranking ATP dopo la finale del Masters 1000 di Miami (31 marzo 2024)
Simone Vagnozzi e Darren Cahill hanno vinto gli “ATP Awards” come coach dell’anno 2023. Per la prima volta il premio è andato ad una coppia di allenatori e non a un singolo. I due coach hanno battuto Craig Boynton (coach di Hurkacz), Juan Carlos Ferrero (allenatore di Alcaraz), Goran Ivanisevic (coach di Djokovic) e Bryan Shelton (padre e coach di Ben Shelton).

Jennik Sinner, a proposito della scelta di Simone Vagnozzi e Darren Cahill come tecnici, ha detto: “Ho incontrato le persone giuste al momento giusto, che mi hanno indirizzato sulla strada giusta. Mi hanno aiutato a crescere, a conoscere meglio me stesso, il mio corpo“. E ancora, commentando questa decisione: “Volevo buttarmi nel fuoco. Provare un metodo diverso“.

Vagnozzi ha raccontato che quando lui e Sinner hanno iniziato a lavorare insieme, quest’ultimo era già un fuoriclasse, capace di colpi dopo il rimbalzo insolitamente formidabili e con un’instancabile voglia di vincere. “È sempre stato un ottimo combattente in campo. Non perde mai la convinzione. C’erano però dei punti deboli nel suo gioco: era molto forte con il dritto e il rovescio, ma mancava di varietà. Era monotono. Tra gli aspetti da migliorare: i drop shot [colpi che fanno cadere la palla, smorzata, subito al di là della rete], venire di più a rete, lavorare sul servizio e soprattutto capire il gioco dal punto di vista tattico“.

Simone Vagnozzi è stato fondamentale nella finale degli Australian Open quando Jannik Sinner, sotto di 6-3 e 5-1 contro il russo Daniil Medvedev, chiede al coach Vagnozzi, appostato a bordo campo: “Cosa devo fare“, gli si legge sulle labbra. Pronta la risposta dell’allenatore: “Alè. Usa questo game per fare qualcosa di diverso. Anche sulla seconda vai dietro“. Un consiglio che si rivelerà decisivo nel parziale successivo, quello della svolta.

Jannik Sinner, a proposito di Simone Vagnozzi, ha detto nella conferenza stampa di Miami 2024: “Dal punto di vista tecnico e tattico, Simone Vagnozzi è uno dei coach migliori al mondo. Non ti dice che devi giocare in un particolare modo, ma vede il giocatore e cerca di adattarsi al suo modo di giocare. Mi ha visto giocare e abbiamo cambiato tecnicamente il rovescio, e penso che sia una cosa abbastanza rara da vedere. Mi ha detto: se fai così, potrebbe funzionare meglio per te. Poi abbiamo scambiato idee e trovato la via giusta. Con lo slice è successa la stessa cosa“.

Recentemente in una intervista a La Repubblica Simone Vagnozzi ha rivelato: “La cosa che mi rende più felice è l’essere riusciti in due anni a vincere uno Slam e raggiungere questa classifica (numero 2 nel ranking ATP). Sono orgoglioso. Io non amo parlare di me, ma non ho mai avuto dubbi che questa fosse la strada più giusta da intraprendere. Il merito va naturalmente a tutto il team: Umberto Ferrara è un preparatore di primo livello che, fosse straniero, sarebbe sul piedistallo come un genio, invece è ‘solo’ italiano. E poi Darren Cahill,con il suo curriculum vitae. Infine, Giacomo Naldi“. E poi ha aggiunto: “Jannik Sinner sta diventando un po’ come con Valentino Rossi e Alberto Tomba e non penso sia solo merito dei risultati, ma anche merito del ragazzo. Dell’esempio che dà. La semplicità di Jannik è contagiosa, si fa voler bene, quindi è una bella cosa (…) Il messaggio che manda Jannik ai ragazzi è che se si lavora nella giusta direzione si possono raggiungere i sogni“.

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L’importanza del coach nel tennis

Nel film-documentario “Ljubo, l’uomo salvato dal tennis”, Ivan Ljubicic racconta la sua vita di tennista e di allenatore.
Nel 2016 Roger Federer, allora numero 3 del ranking Atp, decide di divorziare dal coach Stefan Edberg e chiama Ivan Ljubicic nel suo team a fargli da coach. Dal 2013 Roger Federer non vinceva più un Grande Slam. Quattro anni e mezzo senza uno Slam, sono tanti per un campione come Federer. Grazie al nuovo allenatore croato, a 36 anni, Roger Federer nel 2017 fa la doppietta Australian Open – Winbledon.

In in una intervista Ivan Ljubicic racconta: “Roger Federer aveva una tale fiducia in me che se gli avessi detto di giocare il rovescio a due mani ci avrebbe provato”. E ancora: “Nella finale degli Australian Open Roger, Federer ha accettato che doveva giocare di più contro il diritto di Nadal, ha giocato un rovescio più piatto e si è concentrato di più sulla palla, non sull’avversario. Più di ogni altra cosa, ha giocato con la convizione di poter vincere, che era la cosa più importante per me, da allenatore“.