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Le frasi più belle di Nicola Pietrangeli sul tennis

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Sulla carta di identità è Nicola Chirinsky Pietrangeli, nato a Tunisi nel 1933, la madre è una nobildonna russa. Ha compiuto novant’anni da poco ma Nicola Pietrangeli è ancora in grande forma.

Prima di Panatta, prima di Berrettini, prima di Sinner. Nicola Pietrangeli è stato il primo grande rappresentante del tennis italiano, capace di vincere 2 volte gli Internazionali di Roma e il Roland Garros e di arrivare in semifinale a Wimbledon. È il tennista con il maggior numero di partite giocate in Coppa Davis, 164 match, e che ha stabilito il primato mondiale con 120 vittorie. Ha disputato due finali e ha poi vinto da capitano nel 1976. È il solo italiano, insieme al giornalista Gianni Clerici, a essere stato introdotto nella International Tennis Hall of Fame.

Presento una raccolta delle frasi più belle di Nicola Pietrangeli. Tra i temi correlati Le frasi più belle di Jannik Sinner, Chi è Jannik Sinner, la vita, i record e le curiosità di un campione, e Frasi, citazioni e aforismi sul tennis.

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Le frasi più belle di Nicola Pietrangeli sul tennis

Io sono il tennista italiano più grande della storia.
(Nicola Pietrangeli in un’intervista al Corriere della Sera nel 2019)

Dicono che se mi fossi allenato poco di più avrei vinto molto. Ma non mi sarei divertito. Da bambino ero sereno. Parlavo russo, la lingua di mamma, e francese.

Una volta Fabio Fognini mi incontra e mi fa, sfottendomi, ehi Nicola, ai tempi tuoi correvi quanto me? Io non correvo, gli rispondo. Facevo correre gli altri.

Ho fatto dei miei vent’anni di tennis una splendida parentesi della mia vita. E anche se il resto del mondo ha sempre sostenuto che io non abbia mai lavorato, la mia replica, ferma, è una sola: ho impersonato Pietrangeli. E, forza, riconoscetemelo: non l’ho fatto poi così male.

Noi entravamo in campo per divertire il pubblico. Oggi ogni pallina vale decine di migliaia di euro e ai giocatori non importa nulla del pubblico. Pensano solo ai soldi. Quando ho vinto il Roland Garros mi hanno dato un premio in denaro con il quale non mi sono potuto comprare neppure un appartamentino. Oggi chi vince uno Slam si porta a casa due milioni e mezzo di dollari.

Djokovic avrà, che so, 500 milioni di dollari in banca e gioca una finale stressato? Ma scherziamo? E la realtà attuale del tennis che strofina i nervi a questi plurimiliardari. Sono macchine da guerra, istituti di credito. Forse si stressano a contare i soldi. Quando leggo che sono depressi mi saltano i nervi.

Sino a 19 anni giocavo meglio a calcio che a tennis. Ero nel settore giovanile della Lazio, facevo il centravanti e segnavo più di un gol a partita. Quando la società scelse di mandarmi in prestito in serie C, lasciai il calcio: da bambino sognavo di fare l’esploratore, pensai che col tennis avrei viaggiato di più.

[Sfatando le voci che dicono che ce l’abbia con Jannik Sinner] Ma io dico: come si fa? È giovane, un bel ragazzo, il numero 1 del mondo. Non sono così stupido da essere invidioso. È una chicca che Qualcuno – non so chi – ci ha inviato per il nostro tennis. Ma che vogliamo di più?

Sinner è una ragazzo di ventidue anni, e io ne ho novanta. Sarei veramente la persona più stupida del mondo, se fossi geloso di Sinner. E poi la sua storia mi piace, mi commuove. Sembra una fiaba per bambini: dal piccolo paesino di montagna fino alla conquista del mondo. Fantastico.

Ogni volta che mi viene chiesto un commento su Sinner, qualunque cosa dica, succede sempre che a qualcuno risulti come un rosicone invidioso. E io ci resto male.

Sinner è diventato un campione con la C maiuscola, prima lo era con la minuscola.

Solo una volta ho dato un consiglio a Sinner. Che non c’è bisogno sempre di tirare così forte. Certe volte basta appoggiare la palla per fare punto, bisogna risparmiarsi per prolungare la carriera.

Musetti non è il più forte ma è quello che gioca meglio. Sinner ha tutte le qualità per vincere a lungo. Berrettini tornerà, ma ha lo stesso problema di Panatta: gambette che non reggono un busto così forte.

Prima eri un talento che diventava anche un po’ atleta. Adesso se non sei atleta, non puoi neanche entrare in campo.

Il mio rapporto con Dio? Prima di addormentarmi un segno di croce, non si sa mai.

[Rispondendo a chi gli attribuiva 1400 amori] Esagerati. Persino Califano si è fermato a mille… Mai tenuto contabilità: sarebbe stato orribile, e pure noioso. In 90 anni ho avuto quattro grandi amori; e ogni volta è stata lei a lasciarmi.

L’abito del playboy me lo hanno cucito addosso gli altri, forzando un po’. Ma alle donne, si sa, piacciono le divise: e io nella mia uniforme bianca sullo sfondo rosso o verde, devo ammettere, partivo avvantaggiato.

Mia moglie Susanna Artero, madre dei nostri tre figli, mi abbandonò perché sosteneva che la tradivo. In realtà non è vero, al limite le ho messo le corna, che è ben diverso. La seconda, Lorenza, se n’è andata via perché voleva il matrimonio, io no. L’ultima, Paola, mi ha mollato da pochi mesi. Desiderava convivere, io no. Nel mio appartamento non c’è spazio, dove li mettevo i suoi vestiti?

La storia con Licia Colò è durata sette anni. Io pensavo fosse per sempre e non ho mai capito perché sia finita.

Alla Capannina di Viareggio ero amico del barman, ed ero l’unico, con Agnelli e Marzotto, ad avere il conto aperto. Poter dire “metti sul mio conto” alla Capannina degli anni 60 era una cosa importante; anche perché non si può spiegare nell’Italia di oggi quale concentrato di intelligenza, arte e gioia di vivere fosse la Capannina degli anni 60.

[Su Adriano Panatta] Me lo ritrovai sul campo, giovanissimo, senza sapere chi fosse, e mi fece impazzire di smorzate, dovetti dirgli: “Regazzì, guarda che le palle corte le ho inventate io!”. Faticai solo il primo set.

Per me, figlio unico, Adriano era il fratello più piccolo che non avevo mai avuto. Per questo nel 1978 ho sofferto così tanto per il suo tradimento [Nicola Pietrangeli si dimise da allenatore della Coppa Davis, “nel 1978 mi cacciarono dal ruolo di capitano di Coppa Davis. Quello, sarò sincero, è stato il momento più brutto”].

Adriano è nato per giocare a tennis. Peccato che sia durato poco perché sarebbe stato in grado di battere tutti i miei record.

Panatta, in un anno, ha guadagnato cifre che ai miei tempi ci volevano dieci anni.

Quando ha giocato la semifinale a Wimbledon ho ricevuto 20 sterline, oggi è un bel mestiere.

Ero fidanzato con Candida, nome d’arte di Catherine Jajensky, polacca, la più bella artista del Crazy Horse. Il suo numero era il bagno di mezzanotte: arrivava sul palco e faceva il bagno in una vasca di cristallo. Girava su una Buick bianca decapottabile. Su cui entrai al Roland Garros, la domenica della finale del 1959, con lei a fianco.

La mia partita più bella fu la semifinale del Roland Garros vinta con Roy Emerson nel 1964. L’arbitro mi richiamò dagli spogliatoi: avevo giocato talmente bene — venti pallonetti sulla riga — che il pubblico mi reclamava. Come a teatro.

[Su Roger Federer] È arduo trovargli dei difetti, scendere nei voti sotto il dieci. E sfido chiunque a riuscirci. Come Borg ha inventato uno stile, un modo di giocare

Djokovic è Djokovic. Basta. Molti dicono che è antipatico, che è qua che è là. Ma se sei un tennista, davanti a lui ti alzi in piedi e ti levi il cappello. Ha vinto più di tutti. Forse non sarà il più grande di tutti i tempi, perché ognuno è campione nella sua epoca, ma vallo a battere…

Rafa Nadal sulla terra è il più grande di sempre: ogni anno vengono festeggiati quelli che hanno vinto almeno tre volte il torneo di Montecarlo, ci siamo Borg, Nastase, io e Nadal; ma Nadal ne ha vinti undici.

Il padel è il trionfo delle pippe. Il padel permette a tutti di divertirsi. Uno che gioca male a padel si diverte senza dubbio di più di un tennista scarso, che la palla non la tocca mai e quindi alla fine si annoia. Qui le distanze sono più brevi, è tutto più facile.

[Prima della finale di Coppa Davis 1976] Lasciateci giocare a tennis, ce lo meritiamo, la politica la facciano i politici. Se non andiamo in Cile, non si sarebbe dovuto andare in cento altri paesi, come l’Unione Sovietica, la Cecoslovacchia, il Brasile o l’Argentina. Oppure facciamo i conti coi morti in galera e diciamo no al Cile perché furono centomila e sì all’Argentina perché furono la metà?

Comincio ad avere un’età molto avanzata. Dormo molto. Ovviamente non gioco più, ma c’è questo arnese che molto spesso viene criticato che è la televisione. È il salvavita dei vecchi. Abbiamo per fortuna 850mila canali di tutti i generi. Puoi vedere le cose serie e quelle meno serie. In un periodo difficile come il nostro preferisco distrarmi con le cose meno serie.

Sono un po’ laziale. Ma non tifoso. Gli italiani invece sono quasi tutti tifosi, ma non sportivi. Se la Lazio vince mi fa piacere, se perde non ne faccio un dramma. Mai stato antiromanista. Questa cosa di essere anti non la capisco. Dico sempre pensa alle “corna” tue. In genere però il calcio non mi piace più molto, perché parlano di spettacolo, ma spesso non ce n’è.

Ogni sera prima di addormentarmi mi faccio il segno della croce. Spero, come tutti, di morire nel sonno. Ma finora mi sono sempre svegliato.

Il mio funerale, fra mille anni, si farà allo stadio Pietrangeli. Innanzitutto, perché c’è parcheggio, poi perché ci sono tremila posti seduti. Mi dispiace che non potrò assistere, per vedere chi viene e chi non viene. In caso piovesse, appunto, potremmo rimandare, mettendo la bara nel sottopassaggio. La musica la sto ancora decidendo, anche se My way all’uscita non sarebbe male.