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Le frasi più celebri e belle di Zlatan Ibrahimovic

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Iconico, spaccone, sarcastico, irriverente, provocatore, spiazzante carismatico e sempre ironico, Zlatan Ibrahimovic (Malmö, 3 ottobre 1981), soprannominato anche “Ibracadabra”, è stato unico, dentro e fuori dal campo, sia per i suoi dribbling che per le sue parole.

Tra i tanti primati che ha raggiunto, Zlatan Ibrahimovic è stato l’unico calciatore ad aver vinto 12 campionati in 4 leghe differenti (Eredivisie, Serie A, Primera División e Ligue 1)

Presento una raccolta delle frasi più celebri e belle di Zlatan Ibrahimovic. Tra i temi correlati Le frasi più belle di George Best, Le frasi più celebri di Diego Armando Maradona e Le frasi più belle di Pelé.

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Le frasi più celebri e belle di Zlatan Ibrahimovic

Io sono Zlatan, voi chi siete?

Tanti sono re ma c’è soltanto un Dio, e sono io.

Perché essere normali quando si può essere il migliore?

[Rivolgendosi ai giornalisti] Voi parlate, io gioco.

Che cosa ho dato io al calcio? L’attaccante più completo del mondo.

Sono arrivato come un re, me ne vado come una leggenda.

Se mi manca il Pallone d’oro? No, sono io che manco a lui.

Non ho bisogno del Pallone d’oro per sentirmi il migliore.

Quando sei a questo livello, o mangi o ti mangiano. E io ho scelto di mangiare.

Quando faccio gol allargo le braccia e mi sento vivo, mi sento il padrone del mondo. Non posso abbracciare ogni spettatore, a uno a uno, allora allargo le braccia ed è come se li stringessi tutti. Poi i miei compagni mi circondano per festeggiarmi. Sono tutti più bassi di me. Abbasso le braccia e chiudo le ali su di loro, come un angelo.

Wenger mi aveva offerto un provino all’Arsenal. All’inizio volevo farlo, ma alla fine dissi di no. Zlatan non fa provini.

[Quando Zlatan giocava nel Psg] Io e la mia famiglia stiamo cercando un appartamento a Parigi. Se non riusciremo a trovare nulla, probabilmente compreremo l’hotel.

[Quando Zlatan giocava nel Psg] Qui mi vogliono bene? Certo, ma non credo che possano rimpiazzare la Tour Eiffel con una mia statua… Nemmeno i dirigenti ce la possono fare. Ma se ce la facessero rimarrei qui, promesso.

Ad Ancelotti: “Credi in Gesù Cristo?”.
“Sì”, rispose Carletto.
“Allora credi in me, e rilassati”.

Se sono più slavo o svedese? Sono Zlatan.

Io sono Ibra e basta, non sono come quelli che hanno bisogno di un soprannome per essere qualcuno.

Quello che Carew riesce a fare con un pallone io posso farlo con un’arancia.

Onyewu era una specie di armadio, sembrava un pugile da pesi massimi. Ma non mi ha battuto
[Onyewu era un giocatore del Milan con il quale Zlatan ebbe un rissa in allenamento]

Se avessi praticato professionalmente il taekwondo avrei vinto l’oro alle Olimpiadi.

Una partita di Champions è come una domenica in mezzo alla settimana e segnare un gol ha un gusto particolare, più dolce.

[Su Stephane Henchoz, che lo marcò quando giocava nell’Ajax] Prima sono andato a sinistra e lui ha fatto lo stesso. Poi sono andato a destra e anche lui. Poi sono andato di nuovo a sinistra e lui è andato a comprarsi un hot dog”.

Il mio ruolo? Non saprei. Ne ho undici.

Io non ho bisogno dei media, sono i media che hanno bisogno di Zlatan.

Avete scritto che mi sono comprato l’ennesima Porsche. Lo smentisco, mi sono comprato un aereo, si fa prima.

Mancini mi ha detto che il mio gol era quasi bello come quelli che faceva lui. Non è vero: miei sono più belli.

Uno Zlatan infortunato è un bel problema per qualunque squadra.

Si può togliere il ragazzo dal ghetto, ma non il ghetto dal ragazzo.

Borg è l’unico sportivo svedese che sono stato davvero felice di incontrare: Cazzo, ma quello è Borg.

Mi chiedi cosa sono questi graffi in faccia? Non lo so, dovresti chiederlo a tua moglie.

Non c’è bisogno che io sappia tutto degli altri calciatori, tanto tutti i calciatori conoscono me.

Io sono il più grande dopo Muhammad Alì.

Non posso che compiacermi di quanto sono perfetto.

Oggi è il compleanno di mia moglie. Quale regalo le ho fatto? Niente, ha già Zlatan no?

Io sono come Cassius Clay. Quando annunciava di voler battere il suo avversario in quattro riprese, lo faceva.

[Ad Amadeus, al festival di Sanremo] È un onore per me essere qua, ma è anche un onore per te avermi qua.

Ognuno di voi nel suo piccolo può essere Zlatan. Voi tutti siete Zlatan e io sono voi.
[Mentre dona ad Amadeus e Fiorello la maglia del Milan con il suo numero]

Chi compra Zlatan, compra una Ferrari.

Gli scarpini da calcio non fanno la differenza. La fanno i piedi.

Il migliore a servire passaggi oggi è Kevin De Bruyne. Vede cose che gli altri non vedono. Il belga ha la visione che cerco anch’io quando gioco.

E’ difficile avere amici veri, leali, disinteressati. Per questo dico che i miei migliori amici sono i miei avvocati: li pago, lavorano per me e, quando ne ho bisogno, sono sempre pronti ad aiutarmi.

Calciamo via il coronavirus e vinciamo questa partita. E ricorda: se il virus non va da Zlatan, Zlatan va dal virus.
[Campagna promozionale di Zlatan ibrahimovic contro il Covid]

Io non accetto di perdere, non lo accetto proprio. L’ho imparato dalla vita. Per me contano la grinta e l’aggressività, la determinazione e la concentrazione sui propri obiettivi. Io ho la missione di vincere.

[Su Guardiola quando era allenatore del Barcellona]: La mia esperienza a Barcellona? È come comprarsi una Ferrari e guidarla come una Fiat.

[A proposito di una foto che ritraeva lui e Piqué] Io e Piqué amanti? Tu portami tua madre e tua sorella e poi ti sapranno dire loro se è vero….

Eravamo stati eliminati dalla Champions League, Guardiola mi guardava come se fosse tutta colpa mia, e io pensavo: “Siamo al capolinea. È finita”. Dopo quella partita ebbi come la sensazione di non essere più il benvenuto nel club e stavo male quando mi mettevo al volante della loro Audi. Stavo da schifo quando ero seduto negli spogliatoi, e Guardiola mi guardava in cagnesco come se fossi un elemento di disturbo, un estraneo. Era come un muro, un muro di pietra: da lui non ricevevo nessun segno di vita, e ogni minuto che trascorrevo con la squadra desideravo essere altrove. Non ne facevo più parte.

Non sono uno violento, ma fossi Guardiola avrei paura.

Io invece con Mourinho ho sempre avuto un legame speciale. Per lui sarei anche morto.

Quando Capello si arrabbia sono pochi quelli che osano guardarlo negli occhi, e se ti offre una possibilità e tu non la sfrutti puoi anche andare a vendere salsicce fuori dallo stadio. Nessuno va da lui a parlargli dei suoi problemi. Capello non è tuo amico. Non chiacchiera con i giocatori, non a quel modo. Lui è il sergente di ferro, e quando ti chiama in genere non è un buon segno. D’altro canto non puoi mai sapere. Lui distrugge e costruisce.

Sono come il vino, più invecchio e più divento buono.

[Sul giocatore del Milan Christian Brocchi] È semplice: lui corre, io gioco.

[Sul suo arrivo all’Inter nel 2006] L’Inter era divisa in gruppetti, argentini di qua, brasiliani di la’. Li odiai fin da subito. Mi rivolsi a Moratti parlando chiaro: “Dobbiamo rompere questi dannati clan. Non possiamo vincere se lo spogliatoio non è unito”.

Ora tornate a guardare il football.
[Quando Zlatan ha dato l’addio ai Los Angeles Galaxy]

Il fallimento non è il contrario del successo, è una parte del successo. Fare niente è lo sbaglio più grande che puoi fare.

Se sbaglia Zlatan puoi sbagliare anche tu, l’importante è fare ogni giorno la differenza con impegno, dedizione, costanza, concentrazione.

Un Mondiale senza di me è poca cosa, non c’è davvero nulla da guardare e non vale nemmeno la pena aspettarlo con ansia.

[Riferendosi alla UEFA Champions League]Anche uno come Ronaldo, ‘O Fenomeno, non l’ha e non penso si possa dire che sia un fallito. Se dovessi vincerla, sarà perché la mia squadra è stata la migliore, non perché Zlatan lo è stato.

A Torino fu tutto “wow”, ero un giovane che arrivava in una Juventus da PlayStation nella quale sognava di consacrarsi. All’Inter ci fu uno step in avanti, mi dicevano: “Questo è il contratto: vai e facci vincere”. Andò alla grande, ma non mi sono mai sentito forte come al Milan: lì c’era un gruppo di campioni all’ultimissima fase della propria storia, io feci il massimo per trascinarli. Forse per questo furono anni speciali, che mi restituirono la felicità dopo i problemi a Barcellona.

Sono molto orgoglioso di tutti voi. Adesso fatemi un favore: festeggiate come campioni, perché Milano non è Milan: Italia è Milan!
[Nello spogliatoio dopo la vittoria del Milan nel campionato di Serie A 2021-2022]

La mia carriera finirà presto? Mi sto solo riscaldando.

Ok, mi arrendo.
Ho quarant’anni.
Sono un dio, ma un dio che invecchia.

Più si avvicina il momento di lasciare il calcio più la paura del futuro cresce: dove troverò l’adrenalina che oggi mi dà un contrasto con Chiellini?

Chiellini è così: anche se lo superi, anche se lo dribbli, sai che non è finita, perché farà di tutto per fermarti. Cosa puoi fare se ti prende per il collo? Niente. Ti arrabbi e vai avanti.

Io non festeggio un secondo posto. Non l’ho mai fatto e non lo farò mai: io festeggio solo il primo.

Ho vinto 23 titoli, ho sempre dato il massimo per vincere quanto possibile. Certo, sarebbe bello vincere la Champions, ma se finissi la carriera senza sarei comunque felice e fiero di quanto fatto.

Il futuro sembra lontano e fermo, come quelle montagne innevate là in fondo, oltre i tetti di Milano. E invece mi sta venendo incontro. Un po’ mi fa paura. Ma io lo guardo dritto negli occhi.
E allargo le braccia